"La verità nella pittura" Dissertazione nell’ambito del corso “Arte e verità”Open Universiteit – Olanda
RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
Introduzione
La mia passione per la pittura si indirizza maggiormente al Medioevo e questa è la ragione per cui ho scelto il quadro «La deposizione dalla croce» di Rogier van der Weyden. Mentre nel corso « Arte e verità » si parte dal pensiero dell’Idealismo e del Simbolismo del XIX secolo, personalmente credo che in quest’opera medioevale si possa piuttosto rilevare essenzialmente un valore universale. La severità stilistica medioevale è una verità che suscita il mio interesse perché, secondo me, l’Assoluto viene reso visibile. Gli artisti medioevali potevano esprimere questo « di natura » poiché la frattura tra l’uomo e il mistero non si era ancora creata, mentre nei Simbolisti ciò era evidente. La comprensione nell’essenza della vita e l’esistenza umana si è perduta, inquanto l’intelletto si è posto al di sopra del vitale, e io penso che l’unità perduta si possa riconquistare mediante l’arte e nell’arte. Gli uomini cercano di porsi al di sopra della loro fragilità e della loro natura mortale attraverso lo sviluppo e la trasmissione di quello che rende « bella » l’esistenza per cui vale la pena di viverla. Mediante la devozione l’essere mortale può tramandare qualcosa di se stesso e in tal modo sopravvivere nel pensiero degli altri. Anche un artista può decifrare il mondo e tentare di riconquistare il Paradiso perduto. Voglio perciò lasciarmi ispirare da grandi opere nelle quali si vedono le tracce che conducono all’ « Altro ». Il quadro « La deposizione dalla croce » di Rogier van der Weyden mostra l’aspetto etico e spirituale. Questo denota il ruolo di ricerca della verità che l’opera esprime. Il modo di dipingere in strati di colore lascia vedere la tenerezza e la fragilità che è derivata da un attento metodo di lavoro. Da ciò si origina il fissaggio delle figure nel loro dinamismo. Questa integrità e purezza provocano una reazione anagogica che conduce al contatto con l’Altro. Al tempo di Rogier van der Weyden l’arte aveva un altro significato rispetto al significato che l’arte ha per lo spettatore moderno. Generalmente l’arte veniva usata per imprimere maggior forza alla preghiera. Il fatto che tal genere di rappresentazioni vengano ancor oggi tanto apprezzate, deriva dalla presentazione e dal linguaggio che esse esprimono.
Descrizione concisa
“La deposizione dalla croce” di Rogier van der Weyden è la parte centrale di un trittico i cui pannelli laterali sono andati perduti. Il quadro misura due metri e sessanta centimetri di larghezza e due metri e venti centimetri di lunghezza, è di forma rettangolare ed al centro è interrotto da un riquadro. Si vede Cristo che viene deposto dalla croce mentre viene circondato da Maria, Giuseppe di Arimatea, Nicodemo, Giovanni, Maria Maddalena e altre figure. L’insieme appare compreso in uno spazio deforme poco profondo che sembra uno sfodoscena, dove nel riquadro la scala e la croce interrompono l’angolo destro. La composizione risulta bilanciata poiché tutta l’attenzione si concentra sull’evento drammatico che viene incorniciato da figure i cui contorni sono stati dipinti in modo chiaro. I tratti di pennello sono appena visibili e la diffusione della luce è regolare. I colori sono distribuiti in modo equilibrato. Anche dalla disposizione delle figure, da cui deriva la regolarità nel colore dei volti, dipende l’equilibrio della rappresentazione. Il rosso, il nero, e il bianco appaiono regolarmente sulla superfice. Il blu rimane pressoché limitato al colore del manto di Maria. Anche nelle pieghe di tutte le vesti il pittore ha realizzato una grande armonia. La nicchia dorata fa si che la chiarezza aumenti e che tutti i colori risaltino meglio. Le figure che sono state modellate come sculture mostrano una grande plasticità che forma un contrasto con il piatto e spigoloso sfondoscena. L’unità della rappresentazione viene raggiunta dalla concentrazione delle figure nella composizione e dal fluido e dinamico andamento delle linee.
Interpretazione
Questo dipinto medioevale, che viene anche denominato « Il pianto », è una rappresentazione pittorica in cui il dinamismo delle figure è stato fissato nell’immagine che raffigura una scena commovente. Oltre al racconto di sofferenza il dipinto riproduce anche delle emozioni umane. Ciò che viene mostrato è la compassione di Cristo per l’umanità e la partecipazione e la pietà di Maria e degli altri presenti per Cristo. Si tratta di una raffigurazione fedele con una composizione regolare che mostra una grande variazione di forme, colori e panneggi, luce ed ombra, plasticità e figure piatte. Mentre lo sfondo, semplice, ispira tranquillità e intimità, gli atteggiamenti drammatici, i volti e i gesti esprimono dolore. L’espressione tragica viene accentuata dal gioco delle incurvature e controincurvature come se fossero immagini riflesse. Anche la nudità del corpo di Cristo insieme alla tenera nudità delle mani e dei piedi forma un vistoso contrasto con le figure vestite. Le figure scultoree sono state fissate mentre erano in movimento. Questa fissazione genera staticità e una drammaticità teatrale. L’immaginario è stato espresso quasi letteralmente mediante lo scolpire con i colori sulla tavola. Il drammatico della scena viene rafforzato anche mediante l’uso di colori raggianti. Lo stesso effetto drammatico viene aumentato dall’intimità del gruppo di persone disposto intorno alla figura del Cristo. Un grande senso di solidarietà fra i componenti del gruppo di persone si desume dalla posizione delle mani di Gesù e di Maria che quasi si toccano, mentre irradiano un forte senso di tenerezza. La stessa tenerezza che si nota nei volti delle figuree e nel corpo di Cristo. La penetrazione in più profondi strati del cosciente viene, secondo me, raffigurata mediante un modo lento nel dipingere che è visibile soprattutto nei colori che sono stati posti in strati. Su quest’argomento tratterò più avanti. Il quadro preso in esame raffigura un episodio molto significativo il quale, nonostante l’espressione di tristezza delle figure, il confluire delle emozioni e l’intensità del dolore, suscita una forte tensione senza sentimentalismo o teatralità. L’emozione è diretta sul corpo di Cristo morto e su sua madre. L’atteggiamento di Maria è una ripetizione dell’atteggiamento di suo figlio, il che mostra, ancora una volta, la solidarietà. Il mantello blu di Maria è un riferimento simbolico al celeste. Il teschio e le ossa collocati in basso nel quadro costituiscono un riferimento al Golgota.
La ricerca della verità
Fin dal primo capitolo di questo corso ho riconosciuto il mio sentimento moderno nella descrizione del primo Romanticismo tedesco e inglese. Ho avvertito la stessa perdita di unità e la stessa necessità di recupero del rapporto fra l’uomo e il mistero. Ho provato lo stesso senso di alienazione di una realtà spirituale. Intendo dimostrare la ricerca della verità originaria e la necessità di riispirazione prendendo in considerazionec la pittura e in particolare l’opera « La deposizione dalla croce » di Rogier van der Weyden. A me pare che il concetto di “originale” nell’arte abbia perso il suo significato. Ritengo che l’originale non è sempre originalità, ossia ciò che si intende come superamento di un limite. A volte l’idea concepita viene intesa come fonte primaria o, come per i Simbolisti, un segno concreto. A volte un’opera d’arte viene creata prendendo spunto da un atteggiamento critico nell’ambito della società. Ma non è il primitivo e il naive la base per qualsiasi creazione? Io penso che il mistero si possa ritrovare dal profondo, da una pulsione emotiva. La ricerca dell’essenza è collegata alla religione e a idee e allo sforzo di contemplazione e di ravvedimento. In Rogier van der Weyden avverto l’effetto duraturo, la presa di distanza dal tempo e dal luogo e l’espressione dell’Indicibile. Le verità originarie, che fondamentalmente non contengono le nostre umane limitazioni, vengono evocate mentre nuovi significati vengono carpiti all’opera d’arte. Può l’arte dare un contributo per la rivelazione dell’essenza dell’esistenza e della natura mortale dell’uomo? Rogier van der Weyde ha ricercato la bellezza, il che comprende anche la ricerca della conoscenza del supremo, del divino e del nascosto. Secondo Kant la bellezza è un’esperienza estetica che presenta due aspetti: in primo luogo la bellezza che si origina dall’interazione fra intelletto e contemplazione, e in secondo luogo l’esperienza del supremo che si origina quando la rappresentazione della contemplazione si appella alla ragione. Nell’esperienza del supremo l’uomo percepisce se stesso come unità del naturale e del trascendentale.
Io penso che osservare l’arte sia qualcosa di più che il semplice godimento estetico.Il profondo e l’essenza sono la fonte di vita a cui l’opera d’arte deve la sua origine. Un sentimento primitivo con il quale l’artista tenta di perseguire il bene. Un’opera d’arte è il prodotto della cultura ad essa contemporanea che è derivata da un ideale comune e da un modo di espressione collettiva. Questo mi fa capire il metodo artigianale adoperato dall’artista, metodo in cui nulla è stato lasciato al caso. Anche la materia ha le sue esigenze e l’artista deve pertanto mostrare rispetto e non sentirsi al di sopra di essa. La padronanza del mestiere e la paziente professionalità insieme a una tecnica ponderata consentono una chiara visione della realtà. Tutto questo riconosco ne « La deposizione dalla croce » di Rogier van der Weyden: un attaccamento al soggetto artistico, un’unione religiosa. Un’altra ispirazione non avrebbe potuto giustificare l’ispirazione interiore del pittore. Con mezzi pittorici puri l’artista ha confermato la sua personalità. Conta solo quello che l’artista stesso ha da dire, ossia un mondo vissuto e un’unione emotiva con l’arte del dipingere. Il laborioso processo creativo non è visibile. La penetrazione negli strati profondi del cosciente viene raggiunta mediante una tecnica pittorica lenta e una profondità psicologica che è visibile soprattutto nei colori a strati i quali sembrano strati emotivi. Le emozioni sono concretamente visibili nelle espressioni dei volti e negli atteggiamenti. L’oculato metodo di pittura viene espresso anche nelle figure immobili, momenti coagulati che sono stati costruiti con cura mediante strati sottili di colore per cui esse mostrano tenerezza e fragilità. Con questa tecnica ogni dettaglio assume una relazione con il significato del quadro. È attraverso la devozione dell’artista che si può creare la fissazione delle immagini che, secondo il mio punto di vista, è necessaria affinché un quadro continui nel tempo ad affascinare. La maggior forza de « La deposizione dalla croce » consiste nell’introspettiva della psiche umana e nella ricerca dell’unione e dell’armonia fra gli esseri umani. Ciò viene espresso nel modo di operare nella forma, nel colore e nella plasticità. Il realismo figurativo deve conservare il legame con la realtà affinchè esso possa, a mio avviso, essere compreso da tutti. Un soggetto di carattere sociale o religioso da significato e giustifica l’opera d’arte. Il soggetto detta, ovvero suggerisce allo spettatore un indirizzo di pensiero. « La deposizione dalla croce » è, e rimane, una fonte che ci da un alibi, ossia un pretesto per una rappresentazione che ha significato per ognuno e che offre all’artista la possibilità di ritrarre il doppio significato che è una caratteristica dell’arte figurativa. Il subconscio deve venire in superficie attraverso la coscienza e la ragione.
Nel corso vien detto che l’artista, come intermediario, ha la capacità di mostrare nell’intimo il subcosciente e di restituire al quotidiano il suo mistero e di cogliere in esso la manifestazione del divino. « La deposizione dalla croce » di Rogier van der Weyden lo considero come un dipinto con un effetto epifanico. Con mezzi pittorici puri viene espresso qualcosa. L’immaginazione creativa mi rende cosciente dell’estraniazione che viene visualizzata attraverso la collocazione della scena al centro della predella e dalle figure pietrificate. Nella scena ha luogo una rivelazione che recupera l’autentica unità fra l’uomo e il mistero: la rivelazione si riattiva sotto forma di un’improvvisa apparizione di una divinità che subito scompare. Il quotidiano recupera così, per un po’, il suo mistero, talché l’unità della creazione si può scorgere in un attimo. Secondo me lo spettatore deve poter trovare la via verso il suo intimo e la propria immaginazione creativa alla quale lo spettatore deve rivolgersi per vivere l’esperienza della manifestazione del divino. È questa un’esperienza estetica che ha come effetto l’anagogia che conduce l’uomo al di sopra del dominio della percezione empirica della realtà verso il trascendente. Nell’esperienza trascendente l’uomo ha l’intuizione che diventa poi capacità di comprensione nell’individuo stesso, come un incontro con l’autentico, il più vero. La ricerca del divino e della verità richiede una certa armonia fra il pensiero e la realtà. Pertanto è necessario il distacco dalla realtà e bisogna vincere il proprio io mentre si cerca il vuoto totale nel pensiero e nel campo dell’esperienza. Tale operazione è necessaria al fine di poter raggiungere uno stato di umiltà e semplicità che da altresì la possibilità all’intimo di agire. Nel dipinto di Rogier van der Weyden riscontro una bellezza che porta la mia anima più vicina al divino. Da questo deriva purezza, chiarezza, semplicità, tranquillità e ricchezza interiore, tutte cose che hanno un effetto consolatorio. In questo tipo di esperienza i colori hanno una grande forza espressiva. Attraverso la visione dell’essenza, che si basa sull’esperienza della realtà quotidiana, si genera stupore, il quale, a sua volta, cerca il contatto con il desiderio che tende all’Altro. Il fatto che l’Altro sia irraggiungibile ci è chiaro, ma la ricerca della Verità continua a dare un senso alla vita e al nostro lavoro. Attraverso la ricerca all’interno della nostra esperienza umana e nel coinvolgimento di tutto quello che non può essere escluso dall’esistenza, nasce il pensiero metafisico. Questo pensiero lo definisco come un modo di pensare artigianale e un modo di affrontare tutto con grande attenzione e cura, il che consente la percezione delle verità spirituali. Preferibilmente ricerco la verità nel realismo figurativo e in quello che ad esso si riferisce. Un realismo trasformato nella pittura è liberatorio poiché questo rompe la realtà costretta nel suo limite. Il realismo figurativo è a tutti comprensibile, è universale, sicché anche il non credente può emozionarsi. Io credo che questo succeda inquanto dietro la realtà quotidiana si trova il metafisico, l’Altro che percepisce il bene morale. Così pure dietro la realtà si nasconde il bene che noi desideriamo. Il visivo riflette ciò che è morale. Osservare l’arte secondo me vuol dire cercare il Vero, il buono e il bello, come nel pregare o nel meditare. Nell’opera di Rogier van der Weyden si riconosce un atteggiamento di particolare attenzione da parte dell’artista che in tal modo ci offre la possibilità di percepire la realtà. « La deposizione dalla croce » non è stato generato da una tensione muscolare ma da uno spirito fecondo ispirato da un atteggiamento di umiltà. In questo il pittore ha atteso che dal suo genio venisse in luce ciò che era allo stato latente. Socrate definisce tale processo « maieutica » o « ostetricia », ossia lo stimolo alla conoscenza, non di quella che viene trasmessa, bensì di quella conoscenza che si nasconde e che rimane racchiusa nell’uomo. Una paziente professionalità e una tecnica ponderata, insieme ad una chiara visione della realtà, riproducono quanto si è mostrato all’artista. La relazione che intercorre fra il pittore, il suo pennello, il colore e la tela, rappresenta un’esperienza quotidiana che, a mio parere, è importante per scoprire il rapporto fra l’uomo e l’Altro. La spontaneità del pittore, mediante gli strumenti usati, fa sì che il metafisico possa trasformare l’opera d’arte offrendo così nuove prospettive allo spettatore.
Postfazione
Ritengo che l’arte non sia mai una copia fedele della natura, infatti c’è sempre la personalità dell’artista che lascia la propria impronta nella sua creazione. L’arte è un’espressione dello spirito, è il senso, il credo e l’amore. Quello che ho constatato ne « La deposizione dalla croce » è arte che diventa catarsi, è una purificazione delle emozioni per raggiungere l’equilibrio; è arte che rende possibile la visione dell’Ente Supremo, il principio divino; è arte che irradia il credo nella bontà e nell’amore umano; è arte che va intesa come un luogo nel mondo accessibile a tutti; è arte che acquieta le emozioni; è arte che esprime un rinnovato collegamento di idee fondate su un ideale comune. Tutti questi aspetti trovo in questo dipinto medioevale e questa è stata la ragione per cui ho cercato la Verità ne « La deposizione dalla croce » di Rogier van der Weyden.
Riferimenti bibliografici
- S. Kemperdick (1999) Rogier van der Weyden, Meesters van der Lage Landen.
- Het Symbolisme in Europa, Katalogus Museum Boymans–van Beuningen, Rotterdam (1975-1976)
- Chrisje van der Heyden-Ronde, maart 2002
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