La donna greca
a cura DI D. PICCHIOTTI
Per analizzare attentamente la condizione della donna nell’antica Grecia, è sufficiente prendere in considerazione i due modelli che ci offrono Sparta e Atene, le due città che più di ogni altra polis hanno influenzato la storia antica.
Sulla legislazione spartana, riguardo alla mancanza di norme per le donne Aristotele annota: L’assenza di regole sul comportamento femminile è dannosa allo spirito della costituzione e alla felicità della città. Così come l’uomo e la donna sono parti essenziali della casa, essi sono le due anime della polis. Di conseguenza, in tutte le costituzioni dove la condizione delle donne non è ben definita, metà della polis deve essere considerata senza legge. Questo è accaduto a Sparta, e così le donne vivono nella sregolatezza totale.
La pesantezza di questo giudizio è motivata dal fatto che Aristotele era Ateniese, e come tale non poteva capire la cultura spartana. Infatti a Sparta le donne godevano di una libertà immensa: esse venivano educate a vivere liberamente e all’aria aperta, non dovevano provvedere né alla casa né alla crescita dei figli, e perciò potevano dedicarsi alla danza, e al canto e agli esercizi ginnici, cui erano addestrate fin dall’infanzia, perché così si è pensava che potessero dare figli più robusti alla patria.
Gli altri Greci non compresero questa costituzione, ad esempio ad Atene era diverso: ogni uomo poteva avere tre donne: la moglie, la concubina e la compagna per il piacere. La moglie apparteneva ad una famiglia amica, e veniva promessa al marito o al padre di lui quand’era ancora bambina(6/7 anni).
Il matrimonio avveniva intorno ai 14 anni, e da lì in poi il suo ruolo era quello di dare figli al marito, per perpetuare il gruppo familiare. Alla moglie non spettava nessun altro compito, tutto infatti era delegato alle schiave. Ella non partecipava in nessun modo alla vita sociale: non andava a teatro né ai banchetti.
La concubina era spesso straniera, con la quale l’uomo Greco viveva senza sposarla. Dal punto di vista dei doveri era parificata alla moglie, ma non godeva di alcun diritto. Infine l’etera, una donna che, pur concedendosi a pagamento, sarebbe impreciso definire prostituta. Le etere infatti erano donne colte, che conoscevano la musica, il canto e la danza; esse accompagnavano gli uomini ai banchetti, dove né le mogli né le concubine erano ammesse. A questo si aggiunga che per i rapporti davvero occasionali gli uomini avevano a disposizione vere e proprie prostitute, che esercitavano in casa e per strada, e che erano considerate al livello infimo della scala sociale.
Da ciò si evince che la città di Atene era una polis di uomini fatta per gli uomini, e che in realtà le donne servivano per soddisfare le loro esigenze.
In età Ellenistica le cose cambiarono: in questo periodo le donne godettero di maggiori diritti, questo a causa della disgregazione dei valori classici e del contatto con le grandi monarchie.
Vita quotidiana della donna greca:
Platone affermava che molte donne avrebbero dovuto essere istruite come gli uomini e considerata alla pari. Questa idea era ostica alla maggior parte dei Greci. Persino le donne, temeva Platone avrebbero rifiutato il pensiero di condividere il mondo degli uomini. Le donne erano abituate a una “vita nell’ombra”, ma che cosa significava?
Su molti vasi greci gli uomini sono mostrati con la pelle scura e le donne con la pelle chiara. Malgrado ciò esageri le differenze fra i due sessi, le donne della vita reale erano molto più pallide degli uomini. Questo perché la pelle delle donne prendeva molto meno sole di quella degli uomini. Le donne stavano molto più in casa, e quando uscivano indossavano spesso lunghi mantelli e cappelli, per nascondersi agli occhi degli uomini, e quindi, dal sole.
Essere pallida era di moda per una donna: ciò indicava che proveniva da una famiglia agiata, al contrario, la pelle scura era segno di una donna che lavorava al sole , in un mercato o in un campo, cosa che facevano solo le donne povere. Molte donne greche avevano un’altra importante ragione per stare in casa: era questo il luogo in cui i loro mariti volevano che stettero. Se la donna apparteneva ad una famiglia ricca in casa controllava gli schiavi mentre svolgevano i lavori domestici e per il resto del tempo chiacchierava con le sue parenti. Le donne di condizioni più umili preparavano i pasti e facevano le pulizie, ma non effettuavano le compere, un compito affidato agli schiavi. Le donne crescevano i figli finche non erano abbastanza grandi per andare a scuola. Le femmine generalmente non andavano a scuola, ma imparavano a tenere una casa aiutando la madre. Ad alcune bambine veniva insegnato a leggere e a scrivere, per lo più dalle loro madri, ma gli uomini potevano avere da ridire su questo: una donna istruita avrebbe avuto troppo potere!!
Alle donne ricche, tuttavia, era permesso uscire qualche volta: le feste religiose erano occasioni per incontrarsi, ma anche qualche particolare avvenimento della famiglia, come ad esempio la nascita di un bambino. La maggioranza delle cittadine era povera, per loro uscire a lavorare era una necessità.
Le donne potevano lavorare nei campi con gli uomini al tempo della mietitura, oppure potevano vendere il cibo e i vestiti nei mercati.
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