giovedì 30 ottobre 2008

Pittura del dopoguerra “non formale”,

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Lo sconvolgimento culturale determinato dalla tragedia della seconda guerra mondiale investì anche l’ambito artistico, minandone le fondamenta teoriche ed estetiche. Si affermò la pittura informale – ovvero “non formale”, con un superamento delle categorie di “pittura astratta” e “figurativa” – che negli Stati Uniti sfociò nell’espressionismo astratto dell’Action Painting.
Varie interpretazioni della pittura informale compaiono negli anni Quaranta e Cinquanta nelle opere di Jean Fautrier, caratterizzate da un impasto denso di pigmenti che evoca larvate figurazioni, e in quelle di Jean Dubuffet : quest’ultimo è noto come teorizzatore e fondatore della cosiddetta Art Brut, che prendeva a modello i linguaggi primitivi, dei bambini e dei folli, abolendo ogni idea di progettualità nel fare artistico. Altri artisti importanti per la definizione della pittura informale furono Wols (Wolfgang Schultze) e Hans Hartung, entrambi di origine tedesca e a lungo attivi in Francia, i quali ricorsero soprattutto a un segno gestuale fortemente espressivo, e Pierre Soulages.
Anche Henri Michaux, dopo un’esperienza surrealista, giunse a una figurazione segnica informale, in parte ispirata alla calligrafia orientale; un’influenza simile si riscontra inoltre in Georges Mathieu, uno dei primi europei a sperimentare la tecnica del dripping.
Nel 1960 il critico francese Pierre Restany fondò a Parigi il gruppo del Nouveau Réalisme cui aderirono, tra gli altri, Arman, Yves Klein, César, Daniel Spoerri, Jean Tinguely, l’italiano Mimmo Rotella e in seguito Niki de Saint-Phalle e Christo. Prendendo le mosse da una reinterpretazione del ready-made di Duchamp, gli artisti del movimento focalizzarono l’attenzione sugli oggetti d’uso quotidiano, strappati al loro contesto e valorizzati nelle loro insite potenzialità espressive. Il Festival del Nouveau Réalisme a Milano nel 1970, fu organizzato quando già la vitalità del gruppo si andava rapidamente esaurendo.
Durante gli anni Sessanta, e per buona parte degli anni Settanta, si affermarono nuove modalità espositive nelle gallerie europee, sulla scorta di quanto avveniva già da tempo negli Stati Uniti, negli happening di Allan Kaprow e John Cage e negli environment di Claes Oldenburg e Jim Dine. Nello stesso periodo nasceva il movimento internazionale della Body Art, che prendeva come materiale e mezzo espressivo il corpo umano: tra gli esponenti di punta figurano Orlan e Gina Pane, famosa quest’ultima per le performance individuali durante le quali si procurava lesioni e ferite, intendendo esprimere in questo modo la forza della libertà e dell’amore contro ogni legame e repressione.
Tra gli esponenti francesi dell’arte concettuale si distinsero Daniel Buren e Bernard Venet (anche se quest’ultimo si trasferì alla metà degli anni Sessanta negli Stati Uniti). Buren nel 1967 aveva esposto insieme a Olivier Mosset, Parmantier e Niele Toroni (gruppo BMPT), nell’ambito della corrente detta Nuova pittura (chiamata anche pittura-pittura, pittura analitica, astrazione analitica), che proponeva una riduzione della pittura agli elementi primari (superficie, segno, colore). Posizioni simili caratterizzavano il gruppo Supports/Surfaces (Dezeuse, Dolla, Pagès, Pincemin, Saytour, Viallat, Cane, Devade), che applicò alla teoria estetica i concetti dello strutturalismo francese e della psicoanalisi di Jacques Lacan.
Rientra nell’ampio alveo dell’arte concettuale anche la Narrative Art, nata negli Stati Uniti, nella quale si segnalò l’artista francese Christian Boltanski: le sue installazioni sono spesso ricostruzioni della sua memoria personale o di quella collettiva, che inducono a una riflessione profonda sulla violenza e sulla morte.
Al principio degli anni Ottanta, similmente a quanto stava accadendo negli Stati Uniti con i graffitisti, in Germania con i Nuovi Selvaggi (Neuen Wilden) e in Italia con la Transavanguardia, in Francia si affermarono movimenti artistici che indicavano come fonte di ispirazione e modello linguistico il mondo dei media popolari e del fumetto: il gruppo della Figuration Libre (termine coniato da Ben Vautrier), composto da Robert Combas, François Boisrond e Hervé Di Rosa, e il gruppo En avant comme en avant, di cui facevano parte Pascal Chardin, Eric Deroo, Blaise Sourdelle e Titus A.B.S. Citazioni più colte, da Tiziano ad esempio, sono invece riconoscibili nei dipinti degli artisti definiti “neoclassici”, tra cui Gérard Garouste e Vincent Bioulès, che si dedicavano sovente a soggetti mitologici.

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