mercoledì 16 luglio 2008

Un capolavoro di Hesse " Narciso e Boccadoro"

RICERCHE A CURA DI D. PICCHIOTTI
Lo scrittore tedesco Herman Hesse (1877-1962) scrisse il romanzo “Narciso e Boccadoro” nel 1930.
Dello stesso autore è molto conosciuto e amato dai giovani il romanzo “Siddharta”, scritto nel 1922 e diventato un mito per le generazioni degli anni sessanta.
Alcuni momenti della biografia di Hesse sono importanti per la comprensione di “Narciso e Boccadoro” . E’ interessante sapere che l’autore da bambino studiò nel Seminario di Maulbronn, che ricevette dalla famiglia un’educazione molto rigida e che ebbe modo nella sua vita di conoscere i principi della psicoanalisi.
La vicenda, ambientata nella Germania del tardo Medioevo, inizia con la descrizione del monastero di Mariabronn, retto dal vecchio e umile Abate Daniele.
Tra i frati del convento spicca la figura del giovane novizio Narciso, già impiegato come insegnante per la sua grande intelligenza, cultura e maturità. Narciso, inoltre, è dotato della capacità di capire il carattere e la vocazione delle persone e per se stesso vede un futuro di religioso e di abate.
Un giorno nel convento arriva un giovane allievo, destinato dal padre alla vita monastica: Boccadoro.
Narciso riconosce in quel giovane bello, pieno di vita e di buone intenzioni una personalità superiore, con caratteristiche opposte alle sue.
I compagni di Boccadoro lo portano di nascosto al villaggio per incontrarsi con delle fanciulle e l’esperienza sconvolge il giovane che sente la sua vocazione messa in pericolo, così piange disperato di fronte a Narciso. Da questo momento nasce tra i due una grande ed esclusiva amicizia.
Narciso intuisce che l’amico non è fatto per la vita religiosa, perché la sua natura è più affine al mondo dei sensi che a quello dello spirito, così cerca, attraverso il dialogo, di scoprire qual è il mistero che lo costringe a reprimere la sua vera indole. Lo spinge a ricordare il passato e ad accettarsi per quello che è.
Allora Boccadoro, sconvolto, ricorda e gli appare il volto dimenticato della madre.
La donna era una ballerina bella e selvaggia che, dopo essersi sposata e aver vissuto alcuni anni di vita ordinata con il marito e il figlio, li aveva abbandonati per ritornare alla sua vita libera. Il padre di Boccadoro aveva fatto di tutto perché il ragazzo dimenticasse la madre e aveva deciso per lui una vita di espiazione.
Dopo questa scoperta Boccadoro non si trova più a suo agio nel convento, sente il richiamo della madre e della natura e finalmente, dopo l’incontro amoroso con la zingara Lisa, trova il coraggio di andarsene. Lisa ben presto ritorna dal marito e lo lascia solo a scoprire una nuova vita , fatta di nuove esperienze: patire la fame, il freddo, la solitudine e la paura, procurarsi il cibo, incontrare nuove persone, amare molte donne. 
Boccadoro scopre di essere molto desiderato e apprezzato dalle donne per la sua bellezza, ma soprattutto per la sua capacità di amare con facilità e trasporto. Da ogni compagna impara qualcosa con cui può affinare la sua sensibilità.
Dopo un anno o due, si ferma in un castello dove vive un Signore con le due figlie, Lidia e Giulia. Ha una relazione con la prima, ma corteggia anche la seconda, così la situazione precipita e il padre lo costringe ad andarsene.
Riprende il viaggio e una notte si trova ad assistere al parto di una contadina. Guardando il volto della donna ha una rivelazione: dolore e piacere hanno lo stesso volto, sono due aspetti della stessa emozione.
Poi incontra un compagno di viaggio, Vittore, che però tenta di derubarlo nel sonno, così Boccadoro è costretto ad ucciderlo e a vedere il volto della morte.
Il suo viaggio lo conduce fuori dalla foresta, tra campi e villaggi, fino ad una chiesa dove si confessa e rimane estasiato alla vista di una splendida statua della Madonna, fatta da un certo Maestro Nicola.
Immediatamente decide di andare a cercare l’intagliatore nella vicina città vescovile affinché gli insegni i segreti della sua arte.
Nicola lo mette alla prova con carta e carbone e il giovane disegna il ritratto dell’uomo che più conosce e ammira: Narciso. Così conquista un posto nel laboratorio di Nicola e la possibilità di corteggiare l’ orgogliosa figlia Elisabetta.
Boccadoro scopre che l’arte permette di fissare le immagini nel tempo, contrastando la caducità e la morte. Egli ha ora uno scopo: imparare dal maestro per poi realizzare l’immagine che da sempre porta dentro di sè: il volto della madre.
Quest’immagine nel tempo è cambiata, arricchendosi coi tratti di tutte le donne che ha amato e ora rappresenta la Madre universale, cioè Eva, la natura, la vita stessa.
La sua prima vera statua è quella dell’apostolo Giovanni , rappresentato con le sembianze dell’amico Narciso.
Boccadoro ama l’arte, ma non riesce a sopportare la vita sedentaria ; ammira Nicola per le sue capacità, ma disprezza la sua mentalità borghese. Finchè lavora alla statua riesce a resistere,ma quando l’opera è finita e Nicola gli propone di diventare suo collaboratore e di sposare la figlia, egli rifiuta per tornare alla vita da vagabondo.
Incontra Roberto, un giovane che ha lasciato la casa dei genitori per andare in pellegrinaggio a Roma e ora non è più ben accetto dai suoi. I due entrano in una casa di contadini e li trovano tutti morti, uccisi dalla peste che si è diffusa nel paese.
Boccadoro è attratto da questo spettacolo di morte, in cui vede uno dei volti della Madre. In una città incontra la giovane Lena e la invita ad unirsi a lui e Roberto.
Giunti in un bosco costruiscono una capanna, dove vivono al riparo dalle pestilenze, finchè Lena viene aggredita da uno sconosciuto e contagiata. Roberto fugge e Boccadoro assiste la ragazza fino alla morte, poi appicca il fuoco alla capanna e se ne va. Incontra la giovane ebrea Rebecca che ha avuto la famiglia assassinata, la invita a seguirlo, ma lei non accetta perché odia i cristiani e preferisce andare incontro al suo destino di morte. 
Ritornato alla città vescovile, la trova devastata dalla pestilenza, Nicola è morto, l’officina è distrutta e Elisabetta sfiorita. Viene riconosciuto solo da Maria , una ragazza umile e dolce, ma poi si imbatte in una nuova figura di donna, la bellissima Agnese, l’amante del conte e si lancia in una nuova sfida accettando l’invito della donna al castello. Il conte, però, scopre la tresca e Boccadoro è condannato a morte. La salvezza arriva inaspettatamente da un sacerdote venuto a confessarlo, si tratta del vecchio amico Narciso che lo ha riconosciuto ed è riuscito ad ottenere la grazia per lui.
Adesso Narciso è diventato Giovanni, il nuovo abate di Mariabronn e lì i due fanno ritorno, ripercorrendo a ritroso i luoghi già percorsi dal vagabondo. Al convento Boccadoro, spronato da Narciso, riprende il suo lavoro di artista e realizza una tribuna di legno con scolpite delle figure di apostoli, uno dei quali ha il volto dell’abate Daniele.
Poi si dedica ad una statua di Maria, alla quale dà il volto di Lidia.
Terminato il lavoro Boccadoro sente, ancora una volta, il desiderio di ripartire e se ne va lasciando l’amico Narciso arricchito di nuovi sentimenti ma anche di nuovi dubbi sulla vita.
Infine Boccadoro ritorna, invecchiato, stanco, malato, ma pronto ad accettare la morte.
L’immagine di Eva-Madre è ormai completa dentro di lui e non gli è più necessario rappresentarla, anzi è la Madre che ora lo plasma e lo ricongiunge a sè.
Le ultime parole sono per l’amico di sempre , che viene esortato a cercare anche lui la Madre, perché solo così potrà morire.
Il romanzo è ambientato in una Germania ben riconoscibile, anche se non vengono mai citati i nomi dei luoghi. Il convento di Mariabronn/ Maulbronn si ispira certamente alla vicenda autobiografica dell’autore.
Il periodo storico è il tardo Medioevo, l’arco di tempo della storia una decina d’anni . E’ strano che non ci siano mai date per indicare il trascorrere del tempo, ma solo riferimenti a cambiamenti naturali e stagionali .
La vicenda è narrata da un narratore esterno e onnisciente che sa tutto sulla vita e i pensieri dei protagonisti. Gli eventi vengono raccontati nella loro successione temporale, eccetto in tre casi in cui si ricorre al flash back: la storia della madre di Boccadoro, il resoconto degli anni vissuti da Narciso in assenza di Boccadoro, l’ultimo viaggio del protagonista.
I protagonisti principali della storia sono due personaggi con caratteristiche opposte .
Boccadoro è biondo, forte, affascinante, istintivo, passionale, vagabondo, artista. Narciso al contrario è scuro , magro, freddo, razionale, ascetico, controllato, ambizioso. Sono diversi e complementari e per questo sentono subito attrazione tra loro. Narciso e Boccadoro sono come l’amore e l’odio, il dolore e il piacere, la vita e la morte , tutte le coppie di opposti che formano la realtà.
Come in tutte le vere amicizie anche in questa ognuno fa qualcosa per l’altro. Narciso ha liberato l’amico dal trauma della sua infanzia ; attraverso un procedimento di tipo quasi psicoanalitico ha fatto riemergere i ricordi perduti e lo ha spinto verso una nuova vita.
Boccadoro invece gli ha insegnato la bellezza dell’amore, la forza della natura e il potere dell’arte. Solo l’arte può fermare il tempo che passa e opporsi alla caducità delle cose.
Un altro tema importante è quello del viaggio . Il libro in realtà ci racconta due tipi di viaggio: uno è il vagabondare di Boccadoro in cerca di nuove esperienze, l’altro il suo viaggio interiore di crescita.
Entrambi finiscono al punto di partenza : uno al convento e l’altro in grembo alla Grande Madre.
Infatti il viaggio di maturazione del protagonista termina con la morte ed egli ritorna nell’unità della Madre- Eva-Natura.

Ho letto volentieri il romanzo, anche se non posso dire di averlo compreso in tutte le sue parti, mi riferisco soprattutto ai dialoghi e alle lunghe riflessioni sulle concezioni filosofiche dei protagonisti e quindi anche dell’autore.
La parte più scorrevole è stata quella centrale che racconta le avventure di Boccadoro, soprattutto mi è piaciuta la descrizione della peste vista attraverso i suoi occhi affascinati .
Su molti concetti mi sono trovato d’accordo con l’opinione dell’autore . Boccadoro era convinto che l’idea di diventare un religioso fosse una sua scelta e non una costrizione del padre, ma quando Narciso lo “sveglia” scopre la verità. Io vedo molta somiglianza con la gioventù d’oggi che spesso crede di avere idee originali e invece sono inculcate da altri.
Invece non condivido il ruolo delle donne in Hesse . Le donne incontrate e amate dal protagonista sono comparse che hanno doti istintive di ogni genere, sono forze della natura , ma sembrano prive di capacità razionali.
Infine credo ,come Hesse, che l’arte abbia una funzione importante nel “fermare il tempo” creando immagini e sensazioni che vogliamo farci sopravvivere, così anch’ io, come Narciso, invidio la capacità dell’artista di creare e comunicare agli altri il divenire della realtà.Un'Opinione di Marco986 su Narciso e Boccadoro
 

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