giovedì 27 dicembre 2007

Così per me ogni punto immobile e ogni punto in movimento diventavano vivi e mi manifestavano la loro anima " Kandinsky"

RICERCHE ACURA DI D. PICCHIOTTI

Kandinsky ha già trent'anni e sembra avviato a tutt'altra carriera quando, nel 1896, abbandona la Russia e si trasferisce a Monaco. I suoi ricordi tuttavia, testimoniati nello scritto "Sguardo al passato", torneranno sempre all'amata Mosca. Parlando di uno dei primi quadri dipinti, La città vecchia, afferma: "Mosca si fonde in questo sole in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l'anima intera, come una tuba impazzita" (W. Kandinsky, "Sguardo al passato", in Tutti gli scritti, a cura di P. Sers, vol. II, IV edizione, Feltrinelli, Milano 1989, p. 156). I primi tentativi di rendere pittoricamente il tramonto sulla città lo sconfortano; avverte la debolezza dei mezzi dell'arte rispetto alla natura. In seguito si renderà conto che i fini e i mezzi dei due regni sono "essenzialmente, organicamente e storicamente diversi, e ugualmente grandi. [...] Tutto ciò che era morto vibrava. [...] Così per me ogni punto immobile e ogni punto in movimento (linea) diventavano vivi e mi manifestavano la loro anima" (i
Queste considerazioni furono sufficienti a indicargli la possibilità di un'arte astratta e lo condussero alla fondazione di un linguaggio radicalmente nuovo. Prezioso fu l'incontro avvenuto tra il 1908 e il 1914 con artisti come Marc, Macke, Schönberg, Jawlenskij, che furono all'origine del movimento del Blaue Reiter. Il loro manifesto è un Almanacco che Kandinsky immagina come una grande sintesi di tutte le arti, che liberi dalle vecchie concezioni e faccia crollare le barriere divisorie, dimostrando che il problema dell'arte non è un problema di forma ma di contenuto artistico. Composto da articoli e recensioni di pittori, musicisti e critici, grazie all'estrema libertà intellettuale dimostrata dai suoi animatori, presenta come parte integrante illustrazioni dei grandi maestri del passato, accanto a opere dell'arte popolare e infantile, egiziana e orientale, affiancate agli innovatori del XX secolo, da Cézanne a Picasso.
È in questo contesto che prende forma Lo spirituale nell'arte (1912). Se "l'espressionismo nasce soprattutto dalla previsione terrificante di apocalissi cosmiche debolmente illuminate da vaghi sogni di una mistica rigenerazione", come sostiene L. Mittner, Lo Spirituale nell'arte, risente fortemente di quest'atmosfera. È una dichiarazione di poetica e un manuale di tecnica pittorica, una riflessione sullo stato delle arti e una profezia sull'arte del futuro. Pubblicato negli anni cruciali dell'evoluzione personale e pittorica di Kandinsky, è il risultato di osservazioni ed esperienze "nel campo della sensibilità" accumulate nel corso di diversi anni. La struttura è indicativa: suddiviso in una prima parte di Considerazioni di carattere generale e in una seconda dedicata alla pittura, si chiude con una breve Conclusione, le cui tesi sono esemplificate da illustrazioni di opere del passato e dello stesso Kandinsky. Un procedimento adottato anche nell'Almanacco del Cavaliere Azzurro per integrare costantemente la teoria con la pratica pittorica.
Nella prima parte Kandinsky si rivela figlio del suo tempo e protagonista dell'avanguardia, per l'ardore rivoluzionario, il desiderio di rottura con la tradizione, il tono misticheggiante. Egli crede nel progresso e nella crescita spirituale dell'umanità, sente che l'epoca dello spirito è alle porte; si sta sviluppando anche una nuova arte, che ha il compito profetico di annunciare la nuova era. Il tema centrale di queste Considerazioni è la vita dello spirito, il cui incessante movimento in avanti e verso l'alto è rappresentato da un triangolo acuto. Il progresso per Kandinsky si attua perciò in due direzioni: sul piano orizzontale, mondano e su quello verticale, nel movimento ascensionale. Il triangolo è suddiviso in sezioni e la base è occupata da tutti coloro che hanno fatto proprio il credo materialistico: atei, positivisti e naturalisti. Salendo nelle sezioni troviamo la città spirituale in trasformazione, scossa nelle sue fondamenta da forze incontrollabili. Al vertice, infine, vi è il dominio della certezza, rappresentato da quegli scienziati che non credono più nella solidità della materia e accettano le nuove teorie, come quella degli elettroni, e dai nuovi movimenti spirituali, in primo luogo la società teosofica.
La svolta spirituale è avvertita dapprima dalla letteratura, dalla musica e dall'arte. Alcuni rappresentanti della nuova ricerca dell'interiorità nell'esteriorità sono Maeterlinck per la poesia, Wagner, Debussy e Schönberg per la musica. In pittura il ricercatore della nuova legge della forma attraverso mezzi puri è Cézanne, cui seguono Matisse per il colore e Picasso per la forma. Ciò che li accomuna è la tensione verso il non naturale, l'astratto. Ciò significa che, non potendo più imitare il linguaggio della natura, gli artisti si confrontano con il materiale stesso della loro creazione: essi "pongono sulla bilancia spirituale il valore interiore degli elementi" (W. Kandinsky, Lo Spirituale nell'arte, in Tutti gli scritti, op. cit., vol. II, p. 89).
Questa scoperta conduce a un confronto tra i mezzi artistici delle varie discipline e si rivela fondamentale per l'artista che vuole esprimere il suo mondo interiore. La musica, la più immateriale fra le arti, ha già raggiunto lo scopo e alla pittura spetta ora l'analogo compito di indagare il ritmo e la costruzione astratta, tentando di applicarli in modo puramente pittorico alla creazione.
Nella seconda parte del saggio Kandinsky si propone l'analisi specifica degli elementi della pittura. Egli tenta di delineare l'orizzonte di possibilità di un nuovo linguaggio della visione, il cui vocabolario è costituito dal suono interiore dei due elementi pittorici puri, le forme e i colori, e il cui funzionamento è regolato dalle leggi psichiche della necessità interiore. Quest'ultimo principio è l'unica legge immutabile dell'arte ed è in grado di stabilire un contatto efficace con l'anima umana. La necessità interiore deve comunicare con l'interiorità che deve essere a sua volta portata ad espressione, agendo - attraverso l'artista - sullo spettatore. Essa è il prodotto di tre fattori: la personalità del singolo artista, lo stile della propria epoca e, infine, l'elemento dell'artisticità pura ed eterna, l'essenza dell'arte che non conosce spazio né tempo. Occorre penetrare con gli occhi dello spirito i primi due elementi, di natura soggettiva, per far emergere l'elemento oggettivo, quella forza che accomuna tutte le forme di espressione nel loro contenuto mistico.
Secondo Kandinsky vi è dunque una conoscenza della realtà in sé, che si manifesta attraverso la pratica artistica. L'arte può portare alla liberazione dalle catene del mondo delle apparenze, a favore dell'interiorità: è una liberazione dalle limitazioni spazio-temporali e dell'individualità, verso il luogo dello spirito. Soltanto rivolgendosi alla sua vita interiore, l'artista riesce a portare a espressione questa necessità. Egli ha perciò un compito specificamente etico: deve avere un contenuto da esprimere ed essere in grado di adattarlo a una forma sensibile.
Il nuovo problema dell'artista è costituito perciò dalla composizione. Con il tentativo di individuare le leggi della grammatica pittorica - secondo la teoria di Goethe di un basso continuo in pittura - Kandinsky muove i primi passi verso l'elaborazione teorica del linguaggio non figurativo. Il modello d'indagine gli è fornito dal suono musicale che ha un accesso diretto all'anima. Egli ritiene che una simile corrispondenza vi sia anche tra le forme e i colori da un lato, in quanto esseri spirituali che hanno un suono interiore, e l'anima umana dall'altro. Il nesso tra i due elementi instaura una relazione di tipo costitutivo: il colore non può esistere indipendentemente dalla forma che lo circoscrive, dando un involucro oggettivo a una sostanza soggettiva. La composizione è allora "una combinazione di forme grafiche e cromatiche che esistono autonomamente, sono tratte dalla necessità interiore e formano quel tutto che si chiama quadro" (ivi; p. 118).
Cominciamo dall'analisi della forma, che troverà la sua piena esplicitazione soltanto con la pubblicazione di Punto, linea, superficie nel 1926. Kandinsky definisce la forma secondo due punti di vista, che caratterizzano ogni elemento in generale: esteriormente, essa è la delimitazione di una superficie da parte di un'altra; inoltre, poiché ciò che è esteriore cela sempre un'interiorità, essa è l'esteriorizzazione di un contenuto interiore. Compito dell'artista è, toccando questo o quel tasto - questa o quella forma - mettere opportunamente in vibrazione l'anima umana. La varietà delle forme è infinita e si situa fra i due poli del figurativo e dell'astratto. Una rappresentazione interamente materiale, cioè un'arte mimetica, è però impensabile: l'artista è in ogni modo soggetto al suo occhio e alla sua mano, quand'anche egli cercasse soltanto una registrazione fotografica del dato. Egli deve perciò allontanarsi dalla colorazione "letteraria" dell'oggetto, ricercando fini puramente artistici: è la via verso la composizione. Questa comprende due aspetti: la composizione dell'intero quadro e quella delle singole forme, tra loro combinate e subordinate al tutto. Come esempio è citato il quadro di Cézanne Le bagnanti, dove la forma geometrica, il triangolo mistico, è il fine artistico espresso. Quanto alla creazione di forme isolate, bisogna tenere conto del variare della loro sonorità, in ragione del loro associarsi le une alle altre o del cambiamento di orientamento della forma stessa. La possibilità di un contrappunto grafico è data dalla flessibilità della singola forma, dalla sua variabilità nella direzione, dalle infinite combinazioni tra forme e gruppi di forme, dai principi di dissonanza e consonanza. In combinazione con il colore, avremo il grande contrappunto pittorico o composizione, che "in quanto arte veramente pura, si porrà al servizio del divino" (ivi; p. 103).
Il secondo elemento puramente pittorico, il colore, è una sorta di filo d'Arianna che permette a Kandinsky di penetrare nel labirinto dell'astrazione, almeno a livello intuitivo.
Tra i suoi primi ricordi vi sono soprattutto le impressioni cromatiche, come l'emozione provata davanti ai colori che, quando escono dal tubetto, sembrano esseri viventi, "viventi sostanze" - non a caso il sottotitolo del saggio doveva essere Il linguaggio dei colori. L'esperienza cui si richiama per determinarne il valore interiore è facilmente ripetibile. Si tratta di far scorrere lo sguardo su una tavolozza colorata per osservarne gli effetti. Questi sono di due tipi: si può avere un'impressione meramente fisica e superficiale, di breve durata, che scompare quando lo stimolo viene meno; oppure un effetto psichico, un'azione più profonda che provoca una vibrazione spirituale: è la via che conduce il colore all'anima. "Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima è il pianoforte dalle molte corde" (ivi; p. 96), l'artista è la mano che toccando questo o quel tasto mette in vibrazione l'anima umana. Il colore possiede una forte carica emotiva e pertanto va considerato dapprima isolatamente. L'analisi è condotta su un duplice piano, la teoria e la sua esemplificazione attraverso tre tavole grafiche. Viene messa in luce una vera e propria dinamica cromatica - che corrisponde all'ipotesi di un itinerario di conoscenza insito nella dimensione artistica - basata su quattro contrasti di otto colori.
Ogni colore viene colto attraverso la sua risonanza interna, la funzione psichica di base, la posizione occupata nella genesi dell'ordine dei colori e il suo significato spirituale; ma anche in assonanza con stati d'animo, oggetti, suono di strumenti musicali. Così, per esempio, del giallo leggiamo che è il tipico colore terreno ed è rappresentazione cromatica della follia, mentre il blu ci appare come il colore del cielo, che rimanda alla profondità, che richiama l'uomo verso l'infinito e che assomiglia al suono del violoncello.
Queste considerazioni si legano del resto ad un tentativo di esposizione del sistema cromatico fondato su una serie di interne polarità che si esprimono in coppie di colori contrapposti. Le prime due forme di contrasto hanno luogo tra le polarità caldo-freddo e chiaro-scuro; a ogni colore corrisponderanno dunque quattro differenti sonorità. La polarità cromatica caldo-freddo si esprime in un'inclinazione verso il giallo o il blu, e quindi, dal punto di vista espressivo, verso la materialità o l'immaterialità. Vi è un duplice movimento: vi è - sul piano orizzontale - un approssimarsi allo spettatore per i colori caldi e un allontanarsi da lui per i colori freddi, ma vi è anche un movimento eccentrico o concentrico - un cerchio giallo, a differenza di uno blu, ha infatti la proprietà di irraggiarsi verso lo spettatore.
Bianco e nero costituiscono il secondo contrasto, l'inclinazione del colore verso il chiaro o lo scuro. Il movimento verso lo spettatore permane, anche se ridotto a una mera potenzialità. Il contrasto in questione rappresenta così i poli o limiti del movimento stesso: il bianco è simbolo di un mondo in cui tutti i colori sono scomparsi, dove regna un gran silenzio, e tuttavia vi è la possibilità della rinascita; il nero invece è un nulla privo di possibilità, silenzio eterno.
Nella terza tavola vengono infine riassunti tutti i colori in un cerchio formato da coppie bipolari, come un grande serpente che si morde la coda, che rappresenta la vita dei colori tra la nascita (bianco) e la morte (nero). Osservando l'illustrazione di copertina del saggio, vediamo un'allusione alla città spirituale descritta nel capitolo sul triangolo, quando Kandinsky si chiede: "se il sole presenta macchie e si oscura, dove trovare qualcosa che lo sostituisca nella lotta contro le tenebre?" (ivi; p. 81). La risposta a questo interrogativo può trovarsi in questo nuovo sole costituito dalla gamma dei colori, la cui genesi è simile al movimento di vita e morte dell'astro. La teoria dei colori propone allora un itinerario dell'anima che, partendo dalla natura fisica, ci conduce per tappe successive alla partecipazione con il divino. Blu e giallo indicano lo spazio della progressione, dalla terra al cielo, mentre il bianco e il nero alludono al tempo in cui quel cammino si scandisce. L'armonia cromatica, nell'attuale epoca tormentata, non può che nascere dal principio del contrasto, dalla lotta dei toni, dalle contraddizioni - così nelle Madonne dell'arte sacra il contrasto tra rosso della tunica e manto blu esprime la grazia celeste inviata agli uomini, l'umano ricoperto dal divino.
Nella Conclusione Kandinsky commenta le otto riproduzioni allegate, dividendole in due gruppi: le composizioni melodiche, subordinate a una forma semplice, e quelle sinfoniche, dove forme complesse sono subordinate a una principale. Poi vi sono forme di transizione, come nella musica. Alla base delle prime si trovano forme geometriche elementari o linee semplici orientate verso un movimento generale, come i mosaici di Ravenna. Le icone russe sono invece esempi di composizioni ritmiche complesse con un accenno al principio sinfonico. Esempi di nuove composizioni sinfoniche sono infine tre quadri di Kandinsky: Impressione V, Improvvisazione 18 e Composizione II.
Di Francesca Molteni -

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