giovedì 30 ottobre 2008

''Max Ernst nella Collezione Würth'' (Palermo 2008) - Biografia di Max Ernst

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Maximilien (Max) Ernst è nato a Brûl (Germania) il 2 Aprile 1891. Dopo aver studiato filosofia, storia dell'arte e psichiatria a Bonn, inizia a disegnare scoprendo la sua vocazione all'arte.
Nel 1913 con Sturm espone i primi quadri a Berlino e conosce Guillaume Apollinaire.
Nel 1914 Max Ernst, che si presenta con il nome di battaglia Dadamax, comincia a lavorare con Hans Jean Arp e Johannes Baargeld ed insieme aderiscono al movimento del "Blaue Reiter" di Monaco e al gruppo "Der Sturm" di Berlino.
La scoperta di Giorgio De Chirico, la conoscenza di Sigmund Freud, della psicoanalisi e l'esperienza diretta fatta da studente negli ospedali psichiatrici, contribuiscono in varia misura alla definizione del suo particolare dadaismo che si esprime soprattutto nel collage.
Nel 1920, Ernst con altri pittori, realizza uno dei più scandalosi happenings mai realizzati dai dadaisti. Ancora con i Dadaisti Ernst organizza una esposizione personale, ma la voluta negazione del piacere estetico dei Dadaisti mal si addice alla sua ricca immaginazione che già nel 1926 lascia il movimento e si appassiona al Surrealismo dando al termine un'interpretazione estremamente personale. Sperimentando continuamente nuove tecniche del disegno e della pittura, dando libero sfogo al suo profondo senso dell'irrazionale e del mistero, Max Ernst prosegue nel cammino dell'arte.
Nel 1929 viene pubblicato il primo dei suoi romanzi-collage "La Femme 100 têtes", seguito nel 1930 da "Reve d'une petite fille qui voulut entrer au Carmel", mentre nel 1934 è la volta di "Une semaine de bonté", ultimo dei suoi originalissimi romanzi-collages.
Il montaggio dei collages era volutamente dissimulato, per regalare all'opera un'apparenza di unità, evidenziata dalla veste tipografica.

Trasferitosi a Parigi Max Ernst è uno dei cofirmatari del “Manifesto del Surrealismo” e partecipa a tutte le esposizioni del movimento.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il pittore viene internato in un campo di detenzione francese per la sua nazionalità.
Nel 1941 riesce a rifugiarsi negli Stati Uniti dove rimarrà fino al 1953. Erede degli antichi incisori germanici, nel dopoguerra Max Ernst continuata la sua produzione con un ritmo molto intenso, sia nei dipinti e nella grafica, che nella scultura. Grazie a lui, il genio fantastico e crudele dei maestri incisori riemerge nella pittura moderna.

La giovinezza renana di Max Ernst, nutrita ampliamente delle fantasmagorie boschive di Altdorfer e dalle letture dei romantici e dei metafisici tedeschi, guidano il pittore nell'invenzione e nell'utilizzo di nuove tecniche, come le colature di colore del "dripping" e l'utilizzo della fotografia come tecnica artistica.
Molti quadri di Max Ernst trasudano furore contro il "kitsch" borghese e l'opprimente ordine teutonico, testimoniano le fonti germaniche della cultura e della ribellione del pittore.

La tecnica più importante inventata da Max Ernst è il frottage che ha come base un comune gioco grafico, che diventa nelle mani dell'artista uno dei più seri esperimenti in arte di tutto il Novecento.
Si tratta di appoggiare il foglio su una superficie ruvida qualunque (legno, foglia, pietra) e strofinare con una matita per far apparire il disegno delle asperità sottostanti: le nervature della foglia, le venature de legno. 
Mentre il gioco procede, quelle figure casuali, proprio come le macchie d'inchiostro usate nei test psicanalitici, la mente dell' artista, vede immagini insolite: animali, oggetti, paesaggi e figure misteriose. Le immagini vengono completate da contorni e qualche dettaglio, in modo che la visione diventi riconoscibile per tutti.
Ernst, inoltre, famoso per i suoi collages lavorò con forbici e colla su un "inferno visivo": immagini di torture e di amori, di passioni e morti, di pene e ghigliottine: tutto il repertorio della narrativa popolare di fine ottocento.

Nel 1953 Max Ernst torna a lavorare a Parigi. Nel 1954 l'artista, ormai conosciutissimo, vince il primo premio alla Biennale di Venezia.
Negli ultimi anni Ernst lavorò quasi unicamente con la scultura, ma uno dei suoi ultimi affascinanti capolavori, del 1964, è un omaggio alle scoperte ed ai misteri intravisti nella stagione del surrealismo: "Maximiliana ou l'exercise illegal de l'astronomie", un libro interamente composto di segni astratti che simulano linee di scrittura e sequenze di immagini.
Max Ernst muore a Parigi il primo aprile del 1976.

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