martedì 20 gennaio 2009

la transavanguardia è l'unico movimento artistico che oggi si presenti come un fatto nuovo sulla scena culturale contemporanea.

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Dialogo tra A.B.O. e Giulio Carlo Argan, 1981
Estratto dal catologo
G.C.A.: Riconosco che la transavanguardia costituisce un fenomeno rilevante nel quadro non soltanto della cultura artistica ma della situazione culturale in generale. Debbo constatare inoltre che la transavanguardia è l'unico movimento artistico che oggi si presenti come un fatto nuovo sulla scena culturale contemporanea.

Ci sono evidentemente ancora artisti che operano secondo diversi indirizzi poetici, ma si tratta di artisti che traggono delle deduzioni, delle conseguenze da posizioni già prese. La posizione che si propone come nuova è quella della transavanguardia e in questo non ha evidentemente dei concorrenti; cioè, il fatto nuovo è che non ci troviamo più di fronte a un contrasto o a una dialettica di correnti, ma di fronte a una corrente che, per il solo fatto di essere la sola, si presenta come egemone o tendente all'egemonia.

Altro punto che debbo constatare: la transavanguardia è il solo movimento artistico che informi su una condizione di coscienza diffusa nel mondo.

Come si presenta? Si presenta come rifiuto di ogni attività progettuale: l'arte non viene più considerata come il prodotto di un progetto e come il contributo a un progetto culturale per il futuro. Si presenta cioè nella sua pura e semplice condizione di esistenzialità qui, ora, ricusando sia una discendenza storica da posizioni precedenti, sia il proposito, qualsiasi proposito, per il futuro. Mancando la progettualità, manca un carattere inerente a tutta l'arte di cui noi abbiamo storicamente esperienza: il valore.

Ora è indubbio che in tutta la storia dell'arte, l'arte è data come valore, come valore alternativo rispetto al valore del denaro, cioè al prezzo; come valore che non viene consumato, che anzi, quanto più fruito, tanto più si accresce nel suo essere valore. Per cui indubbiamente il nostro mondo attribuisce alle opere della scultura greca, poniamo, un valore certamente superiore a quello che veniva loro attribuito nel momento in cui furono fatte. Dunque il valore è qualche cosa che impedisce il consumo, è un anticonsumo, è un soprawivere al di là del consumo materiale. Debbo dunque dedurne che un'arte che si ponga come antiprogettualità o non-progettualità è un'arte che per la prima volta nella storia - e questo è un fatto da discutere molto profondamente - si presenta come non-valore.

Io non credo che si possa dogmaticamente affermare che l'arte debba essere valore, anche se come storico dell'arte non conosco manifestazioni nell'ordine artistico che non mirino al valore. Evidentemente, non mirando al valore, non mirando al progresso, quest'arte è un'arte che si dà come interamente appartenente al proprio tempo; e qui voglio ricordare che per tutta l'arte moderna è stata posta, da Baudelaire in poi, l'esigenza dell'essere del proprio tempo. Con le avanguardie si afferma l'insoddisfazione di questa contemporaneità e la necessità di un superamento di una proiezione, di una progettualità verso il futuro. Ora, quest'arte, la transavanguardia, che si presenta come non-progettualità e non-controllo, come rifiuto di ogni controllo e di ogni inibizione, si pone come espressione di violenza.

A questo punto, credo indubbio che noi viviamo in una società in cui la violenza è uno degli elementi dominanti; dalla violenza purtroppo non si ritraggono né gli individui né gli stati: possiamo dunque pretendere che si ritragga l'arte? L'arte che si presenta come violenza, si presenta come non-valore, perché c'è antitesi: la violenza è consumo bruciante, esaustivo, quindi non è conservazione, quindi non è valore.

Non è questa, la transavanguardia, la prima manifestazione di arte come violenza, altre ne conosciamo. Ne conosciamo in questo secolo; indubbiamente l'espressionismo, indubbiamente il cosiddetto "espressionismo astratto americano".

A.B.O.: Secondo me il discorso di Argan parte da un'eccessiva specularità tra l'opera d'arte e il mondo in quanto nel momento in cui Argan sostiene che l'arte sia progetto pensa automaticamente che attraverso questo progetto si riprogetti il mondo.


In realtà esiste un progetto dolce, che è il progetto dell'opera; in quanto ogni artista, anche quando si esprime sotto l'impulso di una manualità che non accetta il compasso e la riga, tende sempre a strutturare il linguaggio in un ordine formale. Quindi esiste un progetto, ma è dolce nel senso che non rimanda, non prolunga la sua lunghezza d'onda all'esterno del suo percorso. In effetti, gli artisti della transavanguardia si muovono all'interno di quel nichilismo compiuto di cui Nietzsche ha parlato continuamente: il nichilista è colui il quale rotola dal centro verso la x, l'incognita.

Viviamo un presente storico estremamente drammatico da cui non riusciamo a prevedere l'uscita, uno sbocco positivo all'interno di un mondo contraddittorio, pieno di contrasti e dominato dalla violenza. I1 nichilismo attivo dell'artista della transavanguardia è proprio la felicità di questo rotolamento, di questo spostamento, di questo nomadismo che si preoccupa di realizzare questo movimento anche attraverso il piacere, quel piacere che era stato mortificato, mi pare, nei decenni scorsi, attraverso anche la privazione dell'oggetto, fino ad arrivare alla smaterializzazione dell'arte concettuale, fino ad arrivare a quell'arte degli anni sessanta che anch'essa lavorava sulla citazione e sulla tautologia.

Qual è stato il lavoro di assottigliamento sulla violenza che ha fatto la transavanguardia? Quello di ridurre lo spessore, la sostanza inconscia che c'era dietro la gestualità dell'action painting e dell'informale e riportarla nello stadio appiattito di un'immagine bidimensionale, così come bidimensionale è l'immagine dei mass media.

Direi che se debbo trovare un valore nell'arte della transavanguardia lo rintraccerei nel valore dell'eclettismo. La transavanguardia - che non è un movímento, è un'attitudine, un'apertura disinibita all'espressività - tenta di ricucire dei livelli della cultura che per decenni erano rimasti separati: il livello della cultura alta, oggetto della tradizione delle avanguardie storiche e delle neoavanguardie, e il livello della cultura bassa, prodotto dall'imagerie della civiltà di massa. Questi artisti intrecciano, sovrappongono, associano questi due livelli senza più quel purismo che impediva l'operazione nelle neoavanguardie e nei movimenti precedenti.

Può quindi darsi che questa richiesta che si fa alla transavanguardia di risolvere tutte le antinomie, di dare una risposta in termini rivoluzionari, sia una domanda che andrebbe fatta a tutte le neoavanguardie dal '45 in avanti.

Può darsi che le domande si stiano accavallando in questi ultimi anni in maniera così precipitosa - nel caso di Argan in maniera molto serena debbo dire, ma da parte di altri critici in maniera imperiosa, accidiosa, isterica - e credo sia dovuto proprio al grande successo internazionale della transavanguardia. Secondo me dopo il futurismo, la transavanguardia è la prima volta che propone un'immagine di cultura nazionale esportabile all'estero, che sia riuscita a superare le dogane, gli impedimenti, i diktat del mercato locale, a penetrare nei musei di tutto il mondo, ad aprirsi al collezionismo internazionale.

Per quanto riguarda il mercato, io mi chiedo: come hanno combattuto il mercato le avanguardie storiche e le neoavanguardie?

Tutto sommato, nella sua destinazione oggettuale l'arte d'avanguardia si è consegnata con la stessa neutralità al mercato ed è stata assorbita nella stessa maniera. È proprio perché non è possibile creare una specularità tra opere e mondo che il mondo assorbe lo stesso l'opera seppur progettata.

Quindi il progetto non immunizza l'arte. D'altra parte non solo il futurismo è incorso in una collusione con dei movimenti politici restaurativi come il fascismo; basterebbe pensare al paradosso di alcuni architetti razionalisti, che durante il fascismo erano fascisti ma hanno progettato degli edifici razionalisti, senza essere Piacentini, pensando di mettere a disposizione di un sistema assolutamente restaurativo come quello fascista un'arte come progetto e come razionalizzazione del reale.

Nessun commento: