domenica 20 aprile 2008

FILOSOFIA E PITTURA NEL NOVECENTO di Andrea Pinotti

  a cura DI D. PICCHIOTTI

Filosofia e pittura propone un percorso nell'estetica del Novecento, in cui alcuni tra i più significativi filosofi contemporanei interrogano ciascuno l'opera di un pittore, cercandovi una risposta alle proprie domande fondamentali. O forse piuttosto cercandovi quelle stesse domande, poste non nel modo del discorso e del concetto, ma nel modo del colore e della forma, nel modo dell'immagine.
Georg Simmel domanda così con Rembrandt del segreto del rapporto tra la vita e le forme, precipitato nell'enigma del volto e del ritratto. Georges Bataille vede all'opera in Van Gogh (nella sua vita e nella sua arte) quella parte maledetta, mutilata, irriducibile all'economia dello scambio e alle regole della "normalità". Martin Heidegger sente evocata, sempre nella pittura di Van Gogh, la tensione fra Mondo e Terra nella relazione fra ente ed essere, e riconosce al cospetto di un umile paio di scarpe l'insufficienza del concetto di mera cosa nella comprensione dell'arte, che è il porsi in opera della verità. Maurice Merleau-Ponty risale con Cézanne a quella natura pre-umana, che precede quelle categorizzazioni (soggetto-oggetto, sensibile-intelligibile, attività-passività) con cui la nostra logica è solita comprendere il reale. Jean-Paul Sartre si affaccia con Giacometti sul Nulla al quale si correla la nostra immaginazione, su quell'assenza che, lungi dall'essere un mero niente, si intreccia in modo indissolubile all'esperienza quotidiana di insensate presenze. Michel Foucault analizza con Magritte, lucido e spietato, il rapporto tra oggetto, significante e significato, lacerando la consuetudine che avvolge i nessi usuali sclerotizzatisi tra le immagini, le parole e le cose. Jean-François Lyotard sperimenta con l'avanguardia radicale di Duchamp l'impotenza del nostro linguaggio e delle sue regole, che si infrangono contro l'ossimoro, mettendo in discussione lo statuto stesso dell'interprete dell'arte. Michel Henry interroga, con Kandisnkij, il nesso tra arte e vita, convinto che ogni pittura sia nella sua essenza astratta. Gilles Deleuze segue Francis Bacon sulla via, terza rispetto al figurativo e all'astratto, della pittura come resa visibile di forze invisibili, come articolazione di un ritmo non riconducibile all'organicità, ritmo che fonda la logica della sensazione.
La filosofia, operante come visione intelligibile dal momento della propria istituzione, si confronta qui con il suo alter ego, la visione sensibile; comprende la genesi figurale delle proprie categorie; ne sperimenta, stupita, la sospensione.

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