mercoledì 11 luglio 2007

L' IMMORTALITA' DELL'ANIMA


>Platone parte dalla definizione dell' uomo data da Socrate , e la porta alle estreme conseguenze , a tutti i livelli . La definizione che Socrate ha dato dell' uomo é stata rivoluzionaria : l' uomo é la sua anima ; il corpo é come lo strumento di cui essa si avvale . Prima di Socrate l' anima aveva differenti significati . In Omero é la larva inconsapevole che resta dell' uomo che va agli inferi . Negli Orfici é un dèmone , che per un' originaria colpa commessa cade in un corpo , da cui , sia attraverso le trasmigrazioni , sia mediante le purificazioni , tornerà a liberarsi . Ma essa non coincide con la razionalità dell' uomo . Nei Presocratici é stata in vario modo connessa col principio , ma in modo ancora generico . Con Socrate l' anima diventa ciò per cui l' uomo conosce e determina la sua vita morale . E da Socrate in poi é questo il senso che la parola anima ha assunto . Ma Socrate ha lasciato ancora aperto un problema : quello dell' immortalità . Dal punto di vista della credenza , egli propendeva nettamente per l' immortalità dell' anima ; ma , dal punto di vista teoretico , non aveva ancora guadagnato quei fondamenti metafisici , in base ai quali questa credenza poteva venir dimostrata razionalmente . E' appunto questo il problema che Platone si é assunto , con tutte le conseguenze che ne derivano . L' opera in cui per la prima volta questo problema viene posto in modo radicale é " Il Gorgia " . E proprio sull' impostazione che Platone dà al problema in questo dialogo bisogna concentrarsi per ben comprenderlo . Socrate il giusto é stato ucciso , e l' ingiusto sembra invece trionfare . Il virtuoso e il giusto sono in balìa dell' ingiusto e ne soffrono i soprusi . I viziosi e gli ingiusti sembrano invece felici e soddisfatti delle loro prepotenze . Il politico giusto soccombe , mentre quello senza scrupoli si impone . Dovrebbe trionfare il bene , e invece sembra che trionfi il male . Da che parte sta allora il vero ? Callicle , uno dei protagonisti del " Gorgia " , che dà voce alle tendenze estremistiche che erano maturate in quei tempi con gli epigoni dei sofisti , non esita a proclamare , con sfrontata impudenza , che la verità é dalla parte del più forte , cioè di colui che sa farsi beffa di tutto e di tutti , sa godersi ogni piacere , sa soddisfare tutte le sue passioni e sa saziare qualsiasi suo desiderio . La giustizia é una invenzione , a suo avviso , dei deboli , la virtù é una sciocchezza e la temperanza una assurdità . Chi si astiene dai piaceri e si modera é uno stolto , perchè la vita che costui vive , in realtà , é uguale alla morte . Proprio in risposta a questa concezione estrema Platone recupera le verità orfico - pitagoriche , le fonda sulle basi della sua metafisica , spingendo molto oltre Socrate , anche se sulla scia da lui tracciata . Callicle e tutti coloro di cui Callicle é simbolo dicono che la vita del virtuoso , che mortifica gli istinti , é vita senza senso , e quindi morte . Ma che cosa é la vita e che cosa la morte ? Non potrebbe aver ragione chi dice : " Chi può sapere se vivere non sia morire e morire non sia vivere ? " . E' chiaro allora che per Platone diventa risolutiva proprio la risposta a quel problema che Socrate aveva volutamente lasciato insoluto , ossia il problema dell' immortalità e delle sorti escatologiche dell' anima . Infatti , se l' anima fosse mortale e se , con la morte del corpo , anche lo spirito dell' uomo si dissolvesse , allora la dottrina di Socrate , da sola , non basterebbe a confutare quella di Callicle . Per conseguenza , la dottrina dell' immortalità emerge in primo piano e conferisce una nuova dimensione all' etica e alla politica . Vivere per il corpo , come fanno molti uomini , significa vivere per ciò che é destinato a morire ; vivere , invece , per l' anima significa vivere per ciò che é destinato ad essere sempre . L' uomo giusto che in questa vita viene ucciso , perde il corpo , ossia ciò che é mortale , ma salva l' anima , che é , invece , immortale . E' evidente dunque che le prove dell' immortalità dell' anima rivestono una grandissima importanza nel pensiero di Platone , perchè devono portare questa problematica dal piano della semplice credenza a un piano filosofico di dimostrazione razionale coerente e consistente . Platone si concentra su questo problema nel " Fedone " . Delle tre e molto complesse e articolate prove dell' immortalità , qui ricordiamo il nocciolo della seconda , particolarmente significativo . L' anima umana é capace di conoscere cose " immutabili ed eterne " . Ma la condizione necessaria e indispensabile per cui essa possa conoscere queste cose , é che essa abbia una natura loro affine , altrimenti queste rimarrebbero al di fuori delle sue capacità . Ebbene , come quelle cose sono immutabili ed eterne , così anche l' anima deve essere ontologicamente immutabile ed immortale . E' questa una prova che porta alle estreme conseguenze il principio , già ben radicato nel pensiero greco , che solo il simile conosce il proprio simile , ma riguadagnato sul piano metafisico , sulla base della scoperta del mondo intellegibile delle idee . Un' altra prova dell' immortalità dell' anima é che essa , per dirla proprio alla Platone , partecipa più di ogni altra cosa all' idea di vita e , di conseguenza , come potrebbe partecipare anche a quella di morte ? Ulteriori prove Platone le fornisce nella " Repubblica " e nel " Fedro " . Nella " Repubblica " mostra che i mali del corpo distruggono il corpo , quelli dell' anima , anche portati alle estreme conseguenze , non la distruggono ; il che significa appunto che é incorruttibile . Nel " Fedro " , infine , la prova viene concentrata intorno al concetto di automovimento . Ma la questione decisiva per risolvere in modo razionale il problema posto nel " Gorgia " , é quella strettamente connessa all' immortalità , ossia il problema della sorte dell' anima dopo la morte dell' uomo . La soluzione di questo problema Platone l' ha affidata ai grandi miti del " Gorgia " , del " Fedone " e della " Repubblica " . Il nucleo concettuale che permane identico nelle complesse variazioni e differenziazioni immaginifiche che vengono presentate in questi miti é il seguente . I buoni riceveranno un premio per le loro virtù . Quelli che vissero una vita media , e quindi commettendo colpe sanabili , sconteranno una pena che li purificherà dall' ingiustizia commessa , mediante la sofferenza , perchè dall' ingiustizia , afferma Platone " non ci si può liberare in modo diverso " . Quelli che commisero ingiustizie insanabili saranno condannati nell' Ade a soffrire i patimenti più grandi . Fra le molte affermazioni che Platone fa sulle sorti delle anime nell' al di là , ne ricordiamo due del " Gorgia " , particolarmente rilevanti . Il supremo giudizio viene fatto sull' anima spoglia del corpo e di tutto ciò che sulla terra é legato alla dimensione del corporeo . E nell' anima di colui che viene giudicato " resta tutto ben visibile quando si sia spogliata del corpo e le sue caratteristiche costituzionali e le affezioni che l' uomo le ha procurato , mediante il modo di comportarsi in ciascuna circostanza " . Inoltre , Platone afferma che Zeus costituì come giudici nell' al di là tre suoi figli . In questa affermazione fa veramente impressione l' analogia con l' affermazione evangelica " Il Padre non giudica nessuno , ma affida il giudizio al figlio " . Questa concezione dell' al di là si intreccia con la dottrina orfico-pitagorica della metempsicosi , che può portare le anime vissute in modo malvagio a reincarnarsi in corpi di animali , con cicli complessi , che nel " Fedro " vengono presentati come concludentisi , in ogni caso , con un ritorno alle origini divine dopo 10000 anni , e 3000 per i filosofi che hanno saputo vivere la loro vita per tre volte consecutive in dimensione dell' amore filosofico . Ma lasciando questo quadro dell' immaginario che Platone stesso ci ha detto di intendere non già vero nei particolari , ma solo nel " suo significato di fondo " , traiamo le conclusioni su questo punto . Il pensiero essenziale dell' etica così come nella politica di Platone sta in questo . Ciascuno deve cercare di fare ordine nel disordine delle passioni del proprio animo , così come deve cercare di portare ordine nel disordine che si trova nella società e nello Stato . Fare questo significa " portare unità nella molteplicità e mediare le varie scissioni con la giusta misura in tutti i sensi " . Questo Platone ci dice in varie maniere sia nella " Repubblica " , sia anche nelle " Leggi " . E fare questo significa operare come il Demiurgo quando ha prodotto il mondo , trasformando l' originario caos nel cosmo , legando i molti con l' uno e l' uno coi molti . La " imitazione di dio " , che Platone a più riprese indica come fine supremo dell' etica così come della politica , consiste appunto nell' agire come ha agito dio , producendo il mondo , il quale altro non é che cosmo e ordine .  

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