lunedì 16 luglio 2007

Aforismi Remo Bodei" L'arte e il brutto"

L'arte come pratica ha utilizzato il brutto da lungo tempo, cioè non solo l'arte cristiana, ma l'arte ellenistica e quella precedente addirittura l'arte greca classica, la cosiddetta arte arcaica. Noi abbiamo un'idea di bello che è appunto classica, cioè abbiamo preso dei modelli e ciò che non corrisponde a quei modelli, che ha degli scarti, lo consideriamo brutto. Però, con questo criterio, in fondo classicistico, winckelmaniano, dovremmo considerare gran parte delle produzioni artistiche, artistico-religiose della nostra storia come non belle. Dunque l'arte come prassi ha utilizzato il brutto. Pensiamo, non so, alle rappresentazioni drammatiche medioevali, Iacopone da Todi, anche la musica del Medioevo, se noi l'ascoltiamo, non essendo stata riportata al clavicembalo ben temperato bachiano, per noi ha qualcosa di stridente, il nostro orecchio non è più abituato a quei tipi di suoni, in cui il diesis e il bemolle della stessa nota, cioè mezza nota in su, per esempio do diesis e re bemolle per noi sono unificati nei tasti del pianoforte, mentre invece come suoni naturali, negli strumenti antichi, sono diversi, per cui noi siamo un po' spaesati, quando sentiamo questo tipo di musica. Non solo, ma quando in età moderna si scopre che la bellezza non ha più a che vedere con ciò che è misurabile, ma in un universo infinito noi abbiamo l'esperienza dello smisurato, dell'incommensurabile, quando Keplero si vergogna della sua matematica e della sua astronomia, perché non vuole ammettere che il movimento dei pianeti sia un movimento ellittico e non un movimento circolare, che era perfetto per eccellenza e resiste vent'anni prima di accettare questa bruttura, cioè che l'universo non abbia delle configurazioni geometriche accreditate, ecco, in questo periodo il brutto comincia a essere recepito come qualcosa che esiste in natura. Nella natura c'è qualcosa di informe, di deforme; ci sono poi le esplorazioni geografiche, dimostrano una quantità di animali strani, oppure bellissimi ma velenosi. Quindi nasce l'idea che la creazione è qualcosa di misterioso, che mescola il bene e mescola il male. Poi c'è stato Shakespeare, che nel Canto delle streghe del Macbeth fa dire loro esplicitamente "il bello è brutto, il brutto è bello". Il mondo, guardato in se stesso (questa in fondo è la diagnosi a posteriori che noi possiamo far), non obbedisce più a quei canoni, rigidi, classici, che gli si attribuivano prima. Quindi c'è una sensibilizzazione per il brutto, cioè per il non-classico, che bolle, per così dire, a fuoco lento per cicrca due secoli. La prima teoria che accetta il brutto in quanto parte del bello la dobbiamo al filosofo tedesco e scrittore Lessing, il qualenel Lacoonte, 1766, descrivendo appunto questo gruppo statuario del Lacoonte, di questo sacerdote di Troia che assieme ai figli e nipoti è avvolto da un serpente nelle sue spira, che in un certo modo mostra non il volto pacificato dell'Apollo del Belvedere, che tanto piaceva al Winckelmann, ma questa sorta di pathos contenuto, di dolore e di grido bloccato, Lessing si pone appunto nella constatazione di dire che in fondo non tutta l'arte è riducibile a dei canoni predeterminati e rompe soprattutto un criterio di traducibilità che era stato espresso dal poeta latino Orazio, "Ut pictura poiesis", cioè che le immagini pittoriche erano traducibili in poesia. Lessing dimostra invece che il brutto può essere introdotto nella poesia, perché la poesia è un'arte temporale, quindi se noi introduciamo delle parti di brutto, per così dire, vengono dissolte, ingerite, metabolizzate nel tempo. Invece il brutto non è possibile e non è accettabile in pittura, perché la pittura, essendo un'arte della simultaneità, in quanto con un colpo d'occhio colgo le parti di un quadro, che non scompaiono una dopo l'altra come le parole, la compresenza del bello e del brutto creerebbe stridore. Ecco dunque che la prima breccia si apre all'interno delle teorie estetiche. Il brutto comincia ad entrare, in un certo modo, dapprima in forma limitata, con un tasso di presenza ridotto, per poi crescere continuamente
Dall'intervista L'estetica del brutto - 30 luglio 1996 , Roma

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