sabato 27 settembre 2008

ARTE POVERA

a cura DI D. PICCHIOTTI
Movimento artistico nato in Italia, tra Roma e Torino, intorno al 1966.
In generale riconducibile all'ambito dell'arte concettuale, si distingue per il rifiuto di mezzi espressivi tradizionali (pittura, scultura) e l'impiego, viceversa, di materiali «non artistici», «poveri» appunto, sia naturali e organici sia industriali (legno, pietra, terra, vegetali, stracci, plastiche, neon, scarti industriali), assunti nella loro espressività primaria e immediatezza sensoriale e spesso proposti sotto forma di installazioni in stretto rapporto con l'ambiente o con «azioni» dell'artista.
Secondo il suo primo e principale teorico, Germano Celant, che mutuò il termine dal teatro di J. Grotowski, l'Arte Povera consiste essenzialmente «nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi».
Nell'atteggiamento di negazione e dissacratorio dell'arte povera c'è in realtà una volontà di fondo indistruttibile e poetica di riappropriarsi di valori primari come il senso della terra, della natura, dell'energia pura, della storia dell'uomo. Pur nel contesto estremamente politicizzato degli anni '60 l'arte povera appare tuttavia distante dai problemi politici ed economici delle masse nella stessa misura in cui rifiuta ogni inserimento (dell'arte come dei suoi destinatari, le masse) nel sistema e quindi qualsiasi trasformazione di quest'ultimo, ma ne propugna un radicale ribaltamento più vicino all'utopia che al riformismo. La volontà di portare l'arte alle masse si unisce con quella di aprire meccanismi mentali liberatori nei fruitori dell'arte soprattutto attraverso l'uso dello scarto, dell'intuizione ovvia ma impensabile nell'ordine prestabilito di abitudini e comportamenti sociali e personali. Il risultato è un linguaggio per lo più criptico, limpido ed evidente solo per chi come l'artista e il critico possiede la "chiave" per accedere alla dimensione diversa, libera e poetica, della speculazione, dell'approfondimento dei valori dello spirito e delle verità insite nell'arte.
Ne sono stati esponenti Giovanni Anselmo, Alghiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Jannis Kounellis, Marsa e Mario Merz, Pino Pascali, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio.
Pur distinguendosi ciascun artista per una propria e originale poetica, molti degli esponenti dell'Arte Povera sono accomunati dall'interesse per la dimensione energetica e vitale dei materiali.
Pino Pascali (1935-1968), che nel brevissimo arco di tempo della sua produzione giunge a vertici altissimi di sintesi poetica e con istintiva felicità creativa e assoluta coerenza attua una totale presa di coscienza della necessità di recupero dei valori primari dell'esistenza e nello stesso tempo di sottrazione dell'arte al gioco della mercificazione. Esemplari sono le opere che presentano riferimenti a elementi naturali come il mare o la serie degli animali che realizza con materiali tecnologici spaesanti anche per la tecnica esecutiva a metà tra il modellismo e la simulazione ludica. Si afferma la assoluta arbitrarietà dell'agire dell'artista nei confronti di tutto un sistema economico-sociale fondato sul possesso e l'accrescimento del possesso: servirsi di setole acriliche non per fabbricare scope e spazzolini ma bruchi giganti, significa evidentemente ingannare contemporaneamente la natura con l'industria e l'industria con la natura.
Pino Pascali: Mare (1967)
Jannis Kounellis recupera elementi vegetali e animali, crea oggetti con materiali grezzi, come il fuoco, sacchi di juta riempiti di granaglie, carbone, legno, carni, fiori, o materiali di sintesi come cera, oro e piombo, a tratti associati a citazioni di frammenti classici intesi come simboli di un linguaggio perduto, chiave drammatica ma tuttavia necessaria per la comprensione del presente.
Jannis Kounellis: Senza titolo (1980)
Le opere di Mario Merz (1925) e Gilberto Zorio (1944) sono esemplari della ricerca sulla possibilità di un incontro tra natura e cultura nella coscienza dell'uomo. Per fare questo gli artisti assumono elementi tratti dalla natura o simulanti elementi o eventi naturali confondendoli con l'atto e l'effetto della creazione artistica. Elementi primari come pelli di animali (Zorio), arbusti (Merz) si mescolano con altri tecnologici come il neon, prediletto per la sua natura di conduttore neutro di energia, e mettono in essere confronti e interazioni evidenziando il rapporto tra energia mentale e energia fisica. Altri materiali come metallo fuso, acidi corrosivi, lampade voltaiche (Zorio), pongono ancora di più l'accento sull'essere, sulla trasformazione, sulla durata, sull'azione, a discapito della considerazione di una realtà offerta alla contemplazione e trasformata così inevitabilmente in elemento già distante dalle urgenze e dalle necessità del presente.
Gilberto Zorio: Stella per purificare le parole ( in pelle, legno, acciaio, corda, 1978)
Mario Merz - Chiaro oscuro (neon, fascine, struttura metallica, vetro, 1983)
Giulio Paolini (1940), inizialmente operante nel gruppo dell'Arte Povera, è un caso a parte nel panorama concettuale. Anche la sua è una continua meditazione dell'arte sull'arte e in questo si colloca al centro della poetica del movimento, ma più che sul sistema linguistico e verbale egli si basa sul sistema delle immagini e più precisamente della visione. Spesso le sue opere sono incentrate proprio sui modi e sull'essenza del vedere e su rimandi mentali operati attraverso gli elementi oggettivi dell'opera, come nel "Giovane che guarda Lorenzo Lotto", riproduzione di un ritratto frontale di giovane di Lotto, che guardando lo spettatore, grazie alla conoscenza del titolo, fa sentire chi guarda al posto del maestro del Cinquecento, con uno sfasamento di tempo e una sorta di transfert che cala lo spettatore in una dimensione di realtà al di là dell'apparenza fisica del dipinto.
Giulio Paolini - Giovane che guarda Lorenzo Lotto 1967
Nel panorama internazione delle neoavanguardie, l'Arte Povera trova ampie corrispondenze in ricerche analoghe avviate negli stessi anni in altri paesi, per esempio in Germania da J. Beuys e sotto diverse etichette (Land Art, Earthworks) in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove l'Arte Povera sottolinea ora l'aspetto di rifiuto dei materiali usati, ora il valore dato alla pura azione, ora l'intervento «ecologico» nel paesaggio, ora infine l'operazione estetica nel suo momento teorico anziché nei risultati prodotti.

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