giovedì 10 dicembre 2009

l'arte degli Stati Uniti agli esordi costituì essenzialmente un trapianto provinciale delle tradizioni europee.


. A cura di Picchiotti Danilo
 
La colonizzazione spagnola
Il più antico insediamento urbano di origine europea è St Augustine in Florida, fondato dagli spagnoli nel 1565, con tipiche architetture spagnole (case a due piani, coperture a terrazza, portici, orti sul retro). La colonizzazione spagnola lungo le coste del golfo del Messico e nei territori del sud-ovest (S. Fe, 1610; S. Antonio, 1718) portò al sorgere di una cultura architettonica legata prevalentemente a insediamenti militari e religiosi, con impianto urbanistico regolare a scacchiera e piazza centrale circondata da portici, nelle cui chiese e palazzi di governatori ai motivi del barocco coloniale si uniscono altri (tecnici e stilistici) derivati dalle culture indigene.
 
La colonizzazione inglese
Nei secc. XVII e XVIII si andò configurando uno stile coloniale, che si suole suddividere in due periodi: Early Colonial (fino al 1700 ca) e Georgian o Late Colonial (fino al 1780 ca), i cui caratteri stilistici rivelano ancora la subordinazione culturale alla madrepatria. Nel primo periodo coloniale prevalsero al nord le case contadine in legno, a due piani di due stanze ciascuno con camino centrale, di grande semplicità strutturale e formale, e gli edifici pubblici (come le Meeting Houses anglicane, di cui è un tipico esempio la Old Ship di Hingham, Massachusetts), per lo più di forma quadrata, con tetto a capriata , struttura in legno, alto soffitto gotico. Diverse invece le case delle colonie del sud (Maryland, Virginia, Carolina ecc.), dette Plantation Houses, assai più vaste e complesse, costruite spesso in mattoni, con maggiori pretese di signorilità (colonnati in facciata, logge , balconi). Nel sec. XVIII si costruirono edifici più grandiosi e solenni; lo stile Georgian Colonial costituì infatti una variante vernacola del georgiano inglese. Ovunque il legno incominciò a essere soppiantato dal mattone, dal laterizio o dalla pietra. I maggiori edifici pubblici di questo periodo (Town House a Boston, Old Colony House a Newport, Independence Hall a Filadelfia), come pure quelli religiosi (Christ Church a Filadelfia e a Boston, St. Paul's Chapel a New York), sorsero sul modello delle realizzazioni londinesi di Christopher Wren; sensibile fu anche l'influsso del palladianesimo inglese (Inigo Jones) e, nella seconda metà del secolo, dell'architettura dei fratelli Adam, mentre non mancarono anche esempi di derivazione francese, soprattutto negli Stati del sud. Il primo vero architetto americano è considerato Peter Harrison , cui si deve la Classical Redwood Library di Newport.
 
L'affermazione del neoclassicismo
Dopo la guerra di indipendenza americana, si affermò il neoclassicismo per l'influsso della cultura francese e per l'ideale collegamento con la Grecia democratica e la Roma repubblicana. Il gusto neoclassico è rilevabile, oltre che nelle opere di ispirazione romaneggiante di Thomas Jefferson (il Campidoglio di Richmond, la casa di Monticello in Virginia, l'università di Charlottesville), in quelle di ispirazione ellenizzante dell'inglese John Benjamin Latrobe e nel piano urbanistico di Washington (1790), tracciato con criteri simmetrici dall'architetto francese Pierre-Charles L'Enfant. Tra i principali architetti di questo periodo, oltre al Latrobe, sono da ricordare il francese E.-S. Hallet, l'irlandese J. Hoban e gli statunitensi Robert Mills, William Strickland, Th.U. Walter, Charles Bulfinch.
 
L'architettura dell'Ottocento
All'inizio dell'Ottocento ebbero grande fortuna negli Stati Uniti i movimenti del greek revival e del gothic revival, che costituirono, nel loro ritorno al passato, un aspetto del movimento romantico. In particolare il neogotico (i cui principali esponenti furono Richard Upjohn, J. Renwick e A.J. Downing) finì per influenzare tutta l'architettura americana, sia domestica, sia religiosa (Trinity Church e St Patrick a New York), mescolandosi poi al risorgere di stili vari, dall'egizio al romanico al neorinascimentale, secondo un eclettismo che dominò per tutto il secolo. Il primo interprete della reazione all'eclettismo di importazione europea fu Henry Hobson Richardson, che vide nell'essenzialità e solidità del romanico il mezzo più adatto all'espressione dei caratteri della civiltà americana. Un altro grande interprete della rinnovata stagione architettonica statunitense fu Louis Henry Sullivan, ancor più avanzato nella ricerca di strutture funzionali, al quale si devono sia la qualificazione espressiva di quella costruzione tipicamente americana che è il grattacielo, sia l'avvio della scuola di Chicago, che fu un grande vivaio di personalità innovatrici (William Le Baron Jenney, Daniel Hudson Burnham, Martin Roche, William Holabird, John Wellborn Root), alle quali si deve tra l'altro la ricostruzione del centro di Chicago dopo l'incendio del 1871. Le esigenze di funzionalità di questa scuola furono poi riprese e continuate nell'ovest dalla scuola californiana.
 
L'architettura del Novecento
Nel sec. XX la ricerca architettonica ha continuato a essere determinata dai complessi problemi relativi all'espansione dei centri industrializzati. Figura di primissimo piano è quella di Franck Lloyd Wright, allievo di Sullivan, assimilatore della tradizione autoctona americana e assertore di un'architettura "organica", integrata con l'ambiente, umanamente qualificata, realizzata con materiali naturali. Il polo dialetticamente opposto all'idea wrightiana è costituito dal razionalismo europeo, affermatosi negli Stati Uniti per opera degli architetti europei emigrati in America: Richard Neutra, Walter Gropius, Ludwig Mies van der Rohe, Eero Saarinen, dai quali derivarono in gran parte gli sviluppi più notevoli dell'odierna civiltà architettonica americana. Dopo la II guerra mondiale lurbana, caratterizzata dal grattacielo, ha trovato un suo linguaggio definitivo nei volumi equilibrati, nelle superfici levigate, nell'impiego del vetro e dell'acciaio che alleggeriscono la massa enorme. Accanto al grattacielo si sono anche sviluppate forme rivoluzionarie, per l'impiego di nuovi materiali e di un'avanzata tecnologia, in edifici quali fabbriche, dighe, ponti, silos, aeroporti (palazzo delle Nazioni Unite di Le Corbusier e Oscar Niemeyer; Lever House di Louis Skidmore, Nathaniel Owings e John Merrill; Seagram Building di Ludwig Mies van der Rohe; terminal della TWA, di Eero Saarinen, tutti a New York; officine Olivetti di Louis Isadore Kahn, a Harrisburg).
 
La pittura e la scultura dal XVII al XVIII secolo
Nel primo periodo coloniale (sec. XVII) la pittura si espresse quasi esclusivamente nella ritrattistica. Solo nel secondo periodo coloniale si affermò un gruppo di professionisti, spesso richiamati dall'Europa per soddisfare le esigenze dei coloni che avevano raggiunto un'elevata posizione sociale. Nel campo della ritrattistica emerge il nome di J. Smilbert, attivo a Boston dal 1729, mentre iniziatori della pittura di storia possono essere considerati John Singleton Copley e Benjamin West . Durante il sec. XVIII la scultura si limitò a copiare i capolavori dell'arte classica, dei quali venivano importati dall'Europa copie o calchi di gesso. La personalità di maggior rilievo fu quella di W. Rush, autore di un famoso busto di Lafayette.
 
La pittura e la scultura dell'Ottocento
Nella prima metà dell'Ottocento il passaggio dal neoclassicismo al romanticismo fu caratterizzato dall'affermazione della pittura di paesaggio, che trovò la sua migliore espressione nella Hudson River School. Tra i principali esponenti del gruppo sono Thomas Cole, che dipinse grandiose foreste caratterizzate da una visione quasi apocalittica, A.B. Durand e J. Inmann, volti a ritrarre invece immagini più serene degli sconfinati paesaggi del Nuovo Mondo. Vanno ricordati anche Winslow Homer e G. Catlin, quest'ultimo illustratore della vita degli Indiani delle praterie. Il passaggio all'impressionismo è segnato dalle personalità di James Abbott MacNeill Whistler, Mary Cassat, John Singer Sargent e T. Robinson; la loro esperienza però si svolse in gran parte nell'ambito europeo. L'opera di Albert Pinkham Ryder costituì nel suo empito visionario un singolare precedente del surrealismo. La scultura fu dominata per tutto l'Ottocento dagli influssi neoclassici, ma con esiti modesti; l'unica personalità dotata di una certa autonomia espressiva fu quella di Augustus Saint-Gaudens.
 
Le correnti moderne
Il gruppo degli Otto, formatosi agli inizi del Novecento sulla scia del postimpressionismo europeo, costituì un significativo avvicinamento della pittura americana alle più avanzate esperienze internazionali. Nel 1913 si tenne a New York la celebre mostra dell'Armory Show (così chiamata perché allestita in una caserma) che, presentando opere di Henri-Emile Matisse, Pablo Picasso, Georges Braque, Constantin Brancusi, aprì la cultura figurativa statunitense alla rivoluzione delle avanguardie europee e fu determinante per la formazione di un originale linguaggio artistico. Tra gli artisti più rappresentativi del nuovo clima culturale del primo ventennio del Novecento vanno ricordati John Marin, interprete di modi fauves e cubisti, Stanton MacDonald Wright e Morgan Russell, il cui nome è legato alla corrente del sincromismo, Joseph Stella, futurista, Lyonel Feininger, Man Ray, Georgia O'Keeffe, Stuart Davis, variamente legati a esperienze cubiste, espressioniste o astratte. Fu proprio negli Stati Uniti che Marcel Duchamp, Francis Picabia e Man Ray dettero vita alla prima rivista dada, "291", nel 1918.
 
L'arte tra le due guerre
Dopo la I guerra mondiale si verificò col gruppo degli Immacolati un ritorno a rappresentazioni figurative che, attraverso l'estrema semplificazione oggettuale, volevano riprodurre i caratteri della civiltà americana. Una tendenza figurativo-realistica, dovuta anche alla reazione contro l'invadenza culturale europea, prevalse anche negli anni della crisi e del New Deal, trovando l'adesione sia degli artisti dell'American Scene (tradizionalisti e sciovinisti), sia di quelli socialmente impegnati (Edward Hopper , Jack Levine, Ben Shahn, W. Gropper). La dittatura nazista in Germania e gli eventi della II guerra mondiale produssero l'esodo negli Stati Uniti di alcuni dei più importanti artisti europei, da Josef Albers a Làszlò Moholy-Nagy, da Max Beckmann a Fernand Léger a Piet Mondrian. Questo fu fondamentale per l'affermazione dell'astrattismo in America, dove già nel 1936 fu costituita la società degli American Abstract Artists e fu creato il Museo Solomon R. Guggenheim per l'arte non-figurativa.
 
Il secondo dopoguerra
Ma è soprattutto nel secondo dopoguerra che le arti figurative americane hanno raggiunto esiti di grandissima originalità: artisti come Arshile Gorky, Mark Tobey, Jackson Paul Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Alexander Calder, assimilate le avanguardie europee dall'espressionismo al surrealismo, hanno dato a loro volta apporti fondamentali alla cultura internazionale, influenzandola a loro volta.
 
Gli anni Cinquanta e Sessanta
Intorno agli anni Cinquanta ha dominato la corrente dell'action painting, rappresentata da Jackson Paul Pollock, Willem de Kooning, Franz Kline, Robert Motherwell, William Baziotes, mentre la personalità di Mark Rothko ha centrato la sua ricerca sul colore e sulla luce. Negli anni Sessanta, esauritasi la stagione dell'action painting, due tendenze sono emerse polarizzando attorno a sé le migliori espressioni artistiche: la Nuova astrazione (Kenneth Noland, Frank Stella, Robert Ryman), da cui hanno preso le mosse la minimal art (Robert Morris, Donald Judd, A. Smith) e la pop art (Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Jim Dine, Andy Warhol, George Segal, James Rosenquist ).
 
L'arte contemporanea
La risonanza mondiale della pop art ha conferito agli Stati Uniti grande prestigio culturale e un ruolo di primo piano negli sviluppi dell'arte contemporanea. Deriva dalla pop art, almeno per ciò che riguarda la tematica, la recente corrente dell'iperrealismo (Richard Estes, D. Eddy, D. Hanson, J. de Andrea). Nell'ambito della scultura vanno ricordati alcuni artisti, appartenenti alle più svariate tendenze astratto-costruttive o informali, quali David Smith, Seymour Lipton, Theodore Roszac, Louise Nevelson, John Chamberlain e soprattutto Alexander Calder . Importante infine il contributo statunitense alla definizione della cosiddetta arte concettuale, nel cui ambito di particolare interesse sono la body art (arte del corpo; J. Jonas, G. Pane) e la land art, o earth art (arte del territorio).

l mito a Venezia: pittura e produzione a stampa fra Quattrocento e Cinquecento


A cura di Picchiotti Danilo

A Venezia non è la corte il luogo dove si produce la cultura, sono piuttosto i circoli di studiosi, più spesso vicini ai primi editori, che già all’inizio del secolo portano avanti una ricerca di alto livello; così anche nell’ambito della cultura artistica si verifica una sorta di sperimentazione intellettuale che convive con una produzione artigianale meno elevata e più divulgativa e disimpegnata, che troverà espressione sia nelle illustrazioni dei testi a stampa sia nelle incisioni sia nella produzione e nella decorazione di oggetti d’uso, dai mobili ai manufatti del corredo domestico. Tale dialettica attraversa tutto il secolo implicando sia l’attività artistica di grossi personaggi come Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese, con la realizzazione di capolavori indiscutibili, documenti di una complessa problematica culturale, sia quella produzione spesso ancora artigianale, sicuramente più semplificata nei contenuti come nelle soluzioni formali, affidata ad artisti meno impegnati o alle maestranze di bottega, che sta a testimoniare una tendenza culturale di più ampia e facile fruizione.
La diffusione delle immagini mitologiche, a partire dall’edizione illustrata dell’Ovidio volgare nel 1497 , determina emblematicamente la divaricazione della produzione artistica a soggetto profano e segnatamente mitologico in due livelli: il primo continua anche attraverso le altre edizioni ovidiane e la produzione incisoria il nucleo illustrativo e divulgativo della favola mitologica narrata attraverso le varie fasi delle singole storie. Il secondo filone vede nella mitologia classica il tramite di determinati contenuti simbolici ricavabili dall’analisi delle fonti letterarie, alla luce della speculazione filosofica del tempo.
A Firenze alla corte di Lorenzo il Magnifico la mitologia era stata allegorizzata attraverso la filosofia platonica nell’interpretazione che ne aveva dato Marsilio Ficino a capo dell’Accademia di Careggi. La diffusione delle concezioni neoplatoniche, veicolate dalla mitologia in ambito veneto, viene recepita in termini diversi rispetto all’ermetico simbolismo fiorentino; negli Asolani di Pietro Bembo (stampato nel 1505), nel Libro de Natura de Amore di Mario Equicola (1525) come nei Dialoghi d’Amore di Leone Ebreo i miti legati all’amore, alla bellezza, alla musica e alla poesia rivestiranno concetti complessi e profondi resi più facilmente comprensibili dalla lingua volgare adottata dai tre autori. In volgare viene anche stampato da Aldo Manuzio, a soli due anni di distanza dalle Metamorfosi di Ovidio, il romanzo di Francesco Colonna, l’Hypnerotomachia, Poliphili; al testo e alle illustrazioni dell’opera farà riferimento negli anni seguenti la cultura figurativa veneta.
Alle favole mitologiche Giorgione da Castelfranco, la cui identità biografica ed artistica rimane ancora avvolta dalle tenebre, dedicherà poca attenzione, più attratto dalle elaborazioni filosofiche nei suoi dipinti soggetti alle più complesse interpretazioni; ma al suo nome resta legata una produzione di facile consumo dove il mito viene semplicemente raccontato o illustrato a fini decorativi o per committenti interessati a quelle storie immerse nella natura umbratile resa attraverso quel colorismo che caratterizzerà le ricerche pittoriche degli artisti veneziani nel XVI secolo.
Il genere deputato a tale produzione artistica è per lo più la pittura di cassone per committenti privati che restano nell’anonimato come anche spesso gli stessi pittori. L’andamento narrativo di queste rappresentazioni è ispirato per la gran parte alle Metamorfosi di Ovidio sul modello delle illustrazioni xilografiche dell’edizione in volgare del poema augusteo. Fra queste i pannelli dei musei civici di Padova con la Leda e il cigno o il cosiddetto Idillio campestre, che sembra riproporre a livello compositivo la tematica della Tempesta dell’Accademia, restano in un totale anonimato anche per la fattura poco definita sebbene siano molto caratterizzate le ambientazioni naturalistiche e gli sfondi di città. Di discussa attribuzione invece sono i pannelli con la Nascita e la Morte di Adone nei Musei civici di Bergamo o quello con la storia di Apollo e Dafne del seminario patriarcale di Venezia, fedelmente mutuata dalla xilografia del poema ovidiano nella sequenza degli episodi: dall’uccisione del serpente Pitone per mano di Apollo, all’inseguimento della ninfa da parte della divinità solare che determinerà la metamorfosi in alloro; per questi i nomi di Tiziano giovane, Giorgione e Paris Bordon, per il pannello veneziano, continuano ad essere riproposti senza un approfondimento di questo tipo di produzione - che invece si registra in parte per l’area toscana - e dunque del lavoro di bottega da una parte e dello status dell’artista dall’altro in ambiente veneto all’inizio del Cinquecento. Più definiti, in termini stilistici, appaiono i tondi con il mito di Endimione e il Giudizio di Mida della Galleria Nazionale di Parma assegnati a Cima da Conegliano, al quale pure sono riferiti il Bacco e Arianna del Museo Poldi Pezzoli di Milano e i due frammenti con Sileno e tre Satiri e Fauno della Johnson Collection di Philadelphia e il Giudizio di Mida di Copenhagen. Più innovativa rispetto ai modelli illustrativi è la composizione del pannello dell’Accademia Carrara di Bergamo dove Euridice, morsa dal dragone, corre verso l’esterno del pannello, mentre al centro in secondo piano le fiamme dell’Inferno fanno da sfondo al momento cruciale del mito in cui Orfeo girandosi a guardare Euridice la perderà per sempre.
Ancora nell’ambito di questa produzione si pongono una serie di rappresentazioni dedicate a Venere o alla ninfa scoperta dal satiro, soggetti a sfondo ora erotico ora filosofico che caratterizzano la cultura veneta e nord-europea del primo Cinquecento. La matrice è forse da rintracciare nel romanzo di Francesco Colonna e nella xilografia che illustra appunto una ninfa scoperta da un satiro affiancata da due amorini che versano dell’acqua. Si tratta di una figurazione ecfrastica che decora la fontana della vita, come indica l’iscrizione dedicatoria P A N T W N T O K A D I , vale a dire "alla madre di tutte le cose ", dove Polifilo andrà a dissetarsi durante il suo lungo percorso iniziato alla ricerca dellla sapienza. Dalla Venere di Dresda alla Ninfa alla fonte di Lucas Cranach a Lipsia, alla Venere di Urbino il tema dell’amore viene assunto e finalizzato per contenuti ora matrimoniali ora erotici ora filosofici.
In questi dipinti si verifica un netto scarto dalla composizione narrativa a quella allegorica che caratterizza le opere attribuite a Giorgione, come già notava Giorgio Vasari nel ricordo dell’impressione avuta dei dipinti dell’artista in occasione del suo viaggio a Venezia: «Giorgione non pensò se non a farvi figure a sua fantasia per mostrar l’arte; poiché nel vero non si ritrovan storie che abbi ordine o che rappresentino i fatti di nessuna persona né antica o moderna».
Mentre gli Asolani di Pietro Bembo, nel recepire la tradizione platonica fiorentina, costituiscono la fonte primaria di quella produzione a soggetto amoroso e cortese, i Dialoghi d’Amore di Leone Ebreo, scritti probabilmente fra il 1502 e il 1506 ma pubblicati solo nel 1535, si fanno interpreti di quella componente ermetica del neoplatonismo rinascimentale che è alla base di molte opere di paternità giorgionesca e di Tiziano giovane.
Il Concerto campestre del Louvre insieme all’Amor sacro e Amor profano della Borghese interpretano questa complessa problematica artistica tematica e culturale. La inusuale rappresentazione del dipinto parigino, dove figure nude e figure diversamente vestite creano un’atmosfera di intesa e di sospensione temporale, rivela la sua valenza allegorica in termini di allegoria musicale. Per la nuda alla fonte bisogna ricorrere all’immagine della poesia nella serie dei cosiddetti Tarocchi del Mantegna, dove una figura femminile posta sul Parnaso si appresta a compiere un rito di purificazione lustrare. Così la contaminazione della nuda del dipinto del Louvre con la personificazione della Temperanza contribuisce, anche attraverso la dimensione temporale, a conferire al dipinto un significato filosofico musicale.
Un dipinto di quotidianità matrimoniale e di allegoria filosofica invece è stato da ultimo definito l’Amor sacro e profano ; il dipinto tizianesco, eseguito fra il 1514 e il 1515 in occasione del matrimonio fra Nicolò Aurelio e Laura Bagarotto, come rivelano gli stemmi dipinti nel quadro, verte sul tema dell’amore in antitesi ma in inevitabile dialogo con la morte. Così l’amore umano, rigenerazionale e matrimoniale convive e si contrappone all’amore sublimato, all’amore divino, spogliato di ogni ornamento, assimilabile anche a Psiche, all’anima, mentre l’elemento dell’acqua, assume un significato simbolico come nel romanzo d’amore di Francesco Colonna e nel Concerto campestre in quanto si fa tramite fra gli opposti e medium nell’azione del temperare da parte di Cupido.
Dopo la precoce morte di Giorgione la sopravvivenza della mitologia nella cultura artistica veneta del Rinascimento resta affidata essenzialmente a Tiziano e solo in parte ad altri artisti come Sebastiano del Piombo, autore della splendida Morte di Adone agli Uffizi , replicata da Baldassarre Peruzzi negli affreschi della sala delle Prospettive nella villa di Agostino Chigi a Paris Bordon e a Palma il Vecchio e solo più tardi a Tintoretto, seguito dalle solari composizioni di Veronese.

Centri culturali e movimenti"Il panorama culturale europeo nel XIII secolo"


A cura di Picchiotti Danilo
Il panorama culturale europeo nel XIII secolo è convulso, proprio di regioni che attraversano processi di espansione e riaccumulazione della ricchezza. La persecuzione degli Albigesi (1209\1229) e la nascita dell'Inquisizione (1233) segnarono la fine, nel sangue e nel genocidio, della produzione provenzale. Da allora, l'avvento della Francia settentrionale; mentre i trobadori sfuggiti alla guerra si disseminano nelle regioni limitrofe ovunque ispirando il sorgere di produzioni poetiche locali. In campo religioso riveste importanza, anche dal punto di vista dei risultati poetici, il movimento francescano. E' il momento in cui la chiesa cattolica raggiunge con Innocenzo III il massimo della potenza economica e politica. Sono attive le universitates, e alcuni centri culturali politici come la corte di Federico II e quella di Alfonso X a Toledo. In Italia proliferano realtà politiche e culturali indipendenti come i Comuni. E' una proliferazione che rende conto dell'estrema vivacità culturale ed economica di questa regione, che continuerà fino al XVI secolo. Nel XIII secolo centri trainanti sono Asti Milano Verona Venezia Genova Pisa Firenze Siena, ma molti altri dimostrano un attivismo e una intraprendenza notevoli. Manca un centro politico unitario, ma si afferma l'attività di una classe, quella mercantile borghese, e con essa una mentalità e una cultura.

Corti cavalleresche
Tra il 1170 e il 1250 la società feudale raggiunse il più alto grado di sviluppo. Ai valori della tradizione cristiana si affiancarono quelli dell'etica cavalleresca: la lealtà , la fedeltà al proprio signore e alla donna amata, la dedizione agli ideali religiosi e ai compiti sociali dell'aristocrazia.
Centri della vita letteraria diventarono le corti e i castelli, dove i sovrani e i grandi feudatari si atteggiavano a protettori di poeti e artisti. In tale cornice la poesia fu intesa essenzialmente come raffinato involucro formale di affascinanti storie d'amore e di cavalleria.

La Francia settentrionale
Nella Francia settentrionale, la lingua d'oil è usata anche in campo storiografico: efficace il resoconto degli eventi vissuti da Robert de Clari e Geoffroi de Villehardouin, combattenti e cronisti della quarta crociata; più tardi è Jean de Joinville.
In campo teatrale continuano le sacre rappresentazioni del secolo precedente; e ad Arras nel 1200 si rappresenta Il jeu di san Nicolas (Le jeu de saint Nicolas) di Jean Bodel, la più antica rappresentazione di "miracolo": i "miracoli" hanno come fonte la vita dei santi e saranno numerose per tutto il secolo. 
Dagli intermezzi profani del dramma sacro si sviluppa verso la metà del XIII secolo un teatro comico. Capostipite ne è Adam de la Halle; di queste rappresentazioni buffonesche è rimasto poco.
In campo poetico, dopo Chrétien de Troyes la tradizione cortese si afferma con i trovieri, spesso signori e cavalieri: Gace Bruléé, Conon de Béthune, Thibaut de Champagne.

Non appartiene a queste classi Colin Muset, autore di componimenti di gusto giullaresco e a volte con intenzioni ironiche nei confronti della tradizione cortese. Le convenzioni cortese sono del tutto superate nel maggiore poeta in lingua oïl della seconda metà del XIII secolo, Rutebeuf che per temperamento polemico e ispirazione realistica precorre Villon.

Tra le cose più importanti dal punto di vista letterario prodotte in questo secolo in territorio e ambiente culturale francesi, è il Roman della rosa, che ebbe una influenza determinante nei due secoli successivi in europa.
Una raccolta di racconti storici è I fatti dei romani (Li fait des Romains), composta da anonimo tra il 1213 e il 1214.

Il ciclo arturiano francese
Probabilmente nella Champagne, nel 1220-1235 fu costituita la trilogia in prosa relativa al ciclo arturiano, formato da "Lancelot", "Ricerca del graal" (Queste du Graal), e "Artu morto" (Mort Artu).

Movimenti religiosi
Il secolo si apre con l'espansione del movimento cristiano dei francescani, a cui sono legati alcuni dei vertici della lirica religiosa cristiana: il Cantico di Francesco da Assisi, il Dies irae attribuito a Tommaso da Celano, lo Stabat mater di Iacopone da Todi.
Si tratta di una produzione lirico-religiosa che ha molto a che fare con il sorgere e proliferare della civiltà comunale italica, che costituisce la faccia religiosa di un ambiente che produsse anche in campo laico. E se i maggiori risultati in campo laico sembrano prodursi in Toscana, in campo religioso le cose migliori provengono, nell'ambito della penisola italica, dall'Umbria. Intorno al 1260 si sviluppa una copiosa lirica religiosa in lingua locale postlatina, in connessione con il sorgere di compagnie di Disciplinati a Perugia. La produzione di laudi, in gran parte anonima, si diffonde dall'Umbria alle regioni vicine e in Italia settentrionale, raggiungendo dimensioni enormi nei due secoli successivi, evolvendosi anche nelle forme di laudi drammatiche.
A questo secolo appartiene il laudario, ad uso non di confraternita ma personale conventuale, di Iacopone da Todi. Il laudario urbinate segue la scuola iacoponiana.
Nella penisola iberica, in castigliano scrive Gonzalo da Berceo (morto verso il 1268), un prete autore di vite di santi e soprattutto dei Miracoli di nostra signora, in cui sono raccolte 25 narrazioni, semplici e appassionate, di prodigi compiuti da Maria. Si tratta del primo autore della futura letteratura spagnola-castigliana, di cui conosciamo il nome. Gonzalo usa quartine monorime, composte di versi simili agli alessandrini epici francesi, con una sillaba in più sulla cesura. E' una forma metrica diffusissima nella letteratura castigliana delle origini ("cuaderna vìa" o "mester de clerecìa"), in contrapposizione alle forme irregolari dell'epopea popolare, e con influenze latine e francesi. Le sue opere sono coeve ad altri testi di autori anonimi (Il libro di Apollonio, Il libro di Alessandro, Il poema di Fernàn Gonzalez ecc.). 
In campo teatrale è l'anonimo Auto dei re Magi (Auto de los Reyes Magos, c.1200), primo testo in versi della drammaturgia liturgica spagnolo-castigliana. Dal punto di vista contenutistico e macrostrutturale, l'auto non differisce molto dai contemporanei misteri e sacre rappresentazioni del resto dell'europa. Il breve frammento dell'"Auto dei re Magi" è l'unico superstite di questo periodo.
In tutta l'europa latina si producono omelie, artes praedicandi, raccolte di "miracula" e di "exempla". Alla metà del XIII secolo risale la Legenda aurea di Iacopo da Varazze, un domenicano; si tratta di una raccolta in latino di 182 vite di santi composta negli anni 1255-1266, e che ebbe una diffusione vastissima fino al XVIII secolo, un vero e proprio best seller, fu tradotta e volgarizzata, esercitando un notevole influsso sulla letteratura religiosa italica ed europea. Attraverso i racconti su Gesù e Maria e soprattutto i ritratti di eroi e eroine cristiane dei primi secoli, sviluppa una sequenza narrativa che si gradua attraverso il sogno, l'estasi, il realismo, il truculento e il macabro, il terrificante e il ridente. Una specie di 'Mille e una notte' dell'exemplum, tra spregio e curiosa attrazione per il peccato, con indicativi glissamenti su particolari "scabrosi", e con l'uso dell'io narrante che uniformizza stilisticamente i racconti all'interno di una succinta cornice (si veda il racconto della vita di santa Maria Egiziaca).
Tipico della cultura del tempo è un racconto edificante degli inizi del XIII secolo, cui si è dato il titolo convenzionale de Il cavaliere e l'eremita. In essa tutti i lavori profani del cavaliere (la forza, il lignaggio, il riso, la carne, la compagnia dei vassalli) entrano in contrasto con quelli dell'eremita che consuma le sue speranze nel recinto sacro della foresta, nell'interiorità , nella solitudine della preghiera. Operina minorissima, ma estremamente indicativa delle coordinate etiche che in certi ambienti culturali (tradizionalisti) si voleva presentare lo scontro tra cultura ascetica e cultura cittadina/cavalleresca.

Negli anni tra il 1220 e il 1240 scrive le sue Lettere, Poesie, Visioni una mistica come Hadewijch. Lei è la testimone di un ambiente, quello dei beghinaggi renano-fiamminghi fiorente nel XIII e nel XIV secolo.
In europa non esistono solo i cristiani cattolici. Anche la chiesa cristiana orientale ortodossa esprime mistici e autori degni di rispetto. Un caso particolare è il gruppo presente sul monte Athos. Era stato Kostantinos Monomaco nel 1060 che aveva autorizzato questa zona sacra come zona protetta, con il divieto d'accesso a donne, bambini, effeminati e eunuchi e «a tutte le facce lisce». Nel XIII secolo dai santuari del monte Athos provengono alcuni mistici dalla forte carica poetica. Si pensi a Teolepto di Filadelfia, che scrive ispirato sulle particolari virtù che il mistico raggiunge in quei luoghi dove «la ragione colpita dalla lancia del divino amore zampilla pensieri vivificanti e luminosi. L'amore, invece di una dolce conversazione, produce profondo silenzio e incanta la ragione con la variegata lucentezza dei pensieri». Ma si pensi anche allo Pseudo-Simone che nei suoi "Versi della santa e divina preghiera", che afferma come «in tutto ciò ha come inizio e fine il capo di tutte le virtù , la carità ». I mistici del monte Athos elaborano una religiosità monastica basata sul valore dell'hesychía, il silenzio e la solitudine. Attraverso l'esicasmo, sfuggire ai mali: golosità (gastrimaghia), avarizia (philarguria), fornicazione (porneia), collera (horghè), tristezza (lupè), disperazione (akedia), vanagloria (xenodoxia), orgoglio (huperefania).

Produzione letteraria germanica
Epica cortese
Anche in Germania, su modello francese, si ebbero romanzi in versi dell'epica cortese, ispirati al mondo classico e alle leggende bretoni così come le aveva elaborate Chrétien de Troyes. Spiccano i poemi di Hartmann von Aue, Tristan e Isotta di Gottfried von Strassburg, e soprattutto il Parzival di Wolfram von Eschenbach in cui sono maggiormente sottolineati i motivi etico-didascalici, rispetto ai modelli francesi. Egli attinge da Chrétien de Troyes, ma trasformando la vicenda romanzesca in una storia di purificazione e di elevazione spirituale.

Epica anonima
L'epica popolare, non soggetta a influssi esterni, si basa su una ripresa di antichi temi germanici: i testi maggiori sono dati dal Cantare dei Nibelunghi (inizi del XIII secolo), e da Kudrun (c.1230). Nel primo prevale una cupa drammaticità , nell'altro il gusto per l'avventura e la partecipazione agli affanni amorosi.

Minnesang
Concepito e teorizzato come la più nobile espressione umana, l'amore diventa il tema della contemporanea lirica cortese dei minnesänger. Il termine di minnesang deriva dalla combinazione dei due termini tedeschi: "sang" (canto) e "minne" (amore). La tradizione dei trovatori provenzali si associa a spunti locali di poesia erotica spontanea e popolareggiante. Questa del minnesang non fu un vero movimento, ma una tradizione sviluppatasi a partire dal XII secolo (fino al XIV) nella regione austro-bavarese. I minnesänger appartenevano spesso al ceto nobile, recitavano i loro componimenti davanti a un pubblico raffinato che frequentava le corti feudali, accompagnandosi a strumenti a corda: così come avveniva per i trovadori provenzali. Anche qui il tema principale, quello dell'amore, è concepito come rapporto spirituale che nobilita. Si esaltarono le virtù della vita cavalleresca e della società cortigiana, la lealtà , la fedeltà , la costanza, il coraggio. La donna venne idealizzata fino a diventare modello di perfezione, ma senza essere investita di significati mistici (come sarà nello stilnovismo). Nei più tardi minnesänger si accenteranno gli elementi sensuali e i vagheggiamenti sentimentali. L'amore però non era il tema esclusivo: si scrivevano anche componimenti politici, invettive e satire contro i potenti, canti religiosi e morali. In genere la scelta di un determinato argomento implicava l'adozione di un dato schema metrico e musicale:
• il lied (pl. lieder) era una canzone a più strofe, d'argomento in genere amoroso;
• il leich (pl. leiche) era una poesia bistrofica, amorosa e conviviale, o religiosa;
• lo spruch (pl. sprüche) era una poesia monostrofica, spesso sentenziosa e politica.
Legato a rigide strutture formali, il minnesang finì per cristallizzarsi.
Tra i minnesänger si affermò , al di fuori degli schemi, nel corso del XIII secolo, la personalità poetica di Walther von der Vogelweide cantore di amori giovanili sullo sfondo di teneri paesaggi stilizzati. Egli è veemente polemista politico e moralista; riporta il minnesang nella dimensione della realtà , piegandolo a nuovi e originali modi di espressione. 
Tra gli altri minnesänger contemporanei da non dimenticare Wolfram von Eschenbach , sensibile all'ispirazione morale. 
Già nel realismo satirico delle canzoni di Neidhart von Reuental , scritte nel 1210-1240, è avvertibile tuttavia la decadenza dei valori etici. I suoi versi descrivono sensuali amori campestri del poeta che "si reca presso i contadini". 
Siamo nel clima dei poeti dell'ultimo periodo del minnesang, in cui i vari autori, influenzati dalla produzione giullaresca, tracciano spigliate e salaci rappresentazioni dell'ambiente contadino: si tratta di toni e motivi sempre più estranei ai caratteri originari del minnesang, e preludono alla poesia borghese dei "maestri cantori".

Nel campo della prosa, documenti dell'evoluzione linguistica oltre che dell'organizzazione politico-sociale del mondo feudale sono lo Specchio dei sassoni (Sachsenspiegel, 1221-4) la più vasta e autorevole raccolta giuridica oltre che delle consuetudini sociali dell'area sassone, e la Cronaca universale sassone (Sächsische Weltchronik, c.1230) vasta compilazione storica che va dalle origini del mondo agli eventi della Germania del suo tempo, dovute a Eike von Repgow (c.1190\1233). Eike era un nobile sassone, originario della regione di Dessau: con queste due opere a lui attribuite creò la prosa letteraria tedesca, mentre con la "Cronaca" diede la prima importante opera della storiografia tedesca.

La Germania borghese
Nella seconda metà del XIII secolo si accentuò la potenza della borghesia cittadina, rivaleggiante con l'aristocrazia dei castelli. Mercanti e banchieri sviluppano nuove forme di produzione e distribuzione della ricchezza, mentre gli artigiani, riuniti in potenti corporazioni, sopravanzano i ceti legati all'agricoltura. Cominciarono così a declinare i miti della società cortese.
L'ambiente rustico è scelto da Wernher der Gartenaere per ambientare la sua novella in versi, Il massaro Helmbrecht (Meier Helmbrecht, c.1270), in cui domina l'esigenza di documentare l'apporto di tutte le classi, anche delle più umili, all'edificazione di una perfetta società . La novella è il più antico poema d'ambiente rurale in lingua tedesca che si possegga. Si tratta di un'opera di grande originalità e vigore. Nato in un'epoca in cui la cavalleria era degenerata nei misfatti dei "cavalieri predoni", Wernher non condanna direttamente i cavalieri decaduti ma i contadini traviati dal loro esempio: narra così la storia tragica di un contadino che rifiuta la propria condizione e, sotto il miraggio di diventare cavaliere, compie una serie di atroci misfatti. Alla fine, la terribile punizione. L'opera è simile a una ballata popolare, in gran parte occupata dai dialoghi tra i personaggi: il protagonista, il padre inflessibile nella condanna del figlio che rifiuta la propria condizione, la sorella, le vittime delle sue violenze che alla fine lo riconoscono e lo puniscono. Si tratta di personaggi complessi e psicologicamente molto elaborati. E' una parodia dei poemi cavallereschi, ma anche il poema che decreta la fine di quel genere, nel naufragio di quel mondo nella violenza.
La realtà sociale interessa ancora soprattutto per i suoi aspetti comici e grotteschi. Il mondo pittoresco dei poveri, lo spettacolo della stoltezza e dell'astuzia umana, sono materia letteraria per Stricker, ma anche per un poeta come Konrad von Würzburg (era nato a Würzburg nel 1220-30, morì a Basilea nel 1287) che, pur di estrazione borghese, risulta legato nelle sue novelle in versi alla tradizione cavalleresca, impegnato a realizzare uno stile "fiorito" decorativo e rarefatto quanto quello dell'arte gotica allora imperante. Konrad è l'ultimo esponente della letteratura tedesca cavalleresca. Riprende lo stile raffinato e dotto di Gottfried von Strassburg. La sua vasta opera comprende poemi cavallereschi (Engelhart), novelle (Heinrich von Kempten), vite di santi (Silvester, Pantaleon), liriche e poesie gnomiche. Il suo nome è rimasto famoso per il poema Il cavaliere del cigno (Der Schwanritter), sulla leggenda di Lohengrin, il cavaliere del santo graal, da cui Wagner ricavò un dramma musicale.

Anche nel teatro troviamo questo mutamento verso forme più realistiche. Ai drammi religiosi in latino del secolo precedente succedono sacre rappresentazioni in lingua locale, dedicate ai momenti principali dell'anno liturgico (Passionsspiele, Weihnachtsspiel). Ma mentre prima tali rappresentazioni posseggono situazioni e caratteri molto stilizzati, con l'avvento della nuova cultura borghese prevalgono, sui contenuti religiosi, l'interesse per l'ambientazione storica o pseudo-storica (Mistero della papessa Giovanna).
Nelle fastnachtsspiele, farse carnevalesche eseguite nelle piazze, il teatro indulge nei modi dell'umorismo più facile.
Intanto esiste uno sforzo per rinnovare il sistema ideologico laico, come si avverte nella poesia di contenuto gnomico e morale. Nella prima metà del secolo Freidank, nella raccolta poetica Saggezza (Bescheidenheit) detta precetti che dovrebbero servire non solo per la salvezza eterna ma anche per rapporti sociali più armoniosi.
La scuola dei "maestri cantori" (meistergesang), appoggiata dalle corporazioni artigianali, nella sua ampia parabola produttiva (dal '200 al '500), riafferma i princì pi di un'etica borghese idealizzata: l'equilibrio, il senso della misura, lo spirito d'adattamento, la laboriosità, la tenacia. Sono valori esaltati anche dalla grande letteratura religiosa del tempo, in cui si affermano le possibilità espressive della prosa tedesca: dalle prediche del francescano Berthold von Regensburg (c.1210\1272) ai successivi teologi Meister Eckhart, Taulero e Suso.

Altri centri: Inghilterra, Irlanda, Fiandre, Islanda, Finlandia, Serbia, Kijev
In middle-english circolano poemi del ciclo arturiano (nel c.1205 Layamon scrive il Brut, proprio in middle-english), mentre meno rilevanti risultano i contributi provenienti dai popolari cicli carolingio e classico, rispetto alle opere indipendenti come il Sir Orfeo e ai romanzi del ciclo isolano. A radici popolari, più che a moduli cortesi, risale la splendida lirica del Manoscritto Harley.

Menzione a parte merita la poesia irlandese che, con le sue formule magiche e incantatorie derivate dagli antichi sacerdoti druidi. Siamo qui alla preistoria della tradizione satirica britannica.

Nelle Fiandre la produzione letteraria subisce influssi soprattutto dalla Francia. Nella mistica si distingue la monaca Hadewijch. Sono diffuse canzoni di gesta e romanzi cortesi, ma quasi essenzialmente nelle province del sud che appartengono in quest'epoca alla Francia. Il genere cavalleresco non attecchisce nel contesto fiammingo, essenzialmente borghese. Grande successo ottengono un rimaneggiamento di alcune parti del Roman di Renard e l'opera di Jakob van Maerlant.
In gran numero sono le canzoni e i racconti popolari in versi, spesso d'argomento didascalico. Grande ruolo acquista, a partire dal 1250 la prosa sacra, sia per la profondità espressiva che per il suo rilievo linguistico.

Mentre il Finlandia continua la tradizione orale dei canti (runi) recitati al suono del kantele (un tipo di cetra), in Norvegia si ha un modesto processo di recupero di materiali nordici autoctoni, con una forte assimilazione di testi religiosi e profani (agiografie, moralità , poemi cortesi e cavallereschi) di provenienza continentale. 
Degni di nota il Konûngs skuggsja (o Speculum regale), un trattato sull'educazione degli aristocratici. Nel campo della produzione latina è l'Historia de antiquitate regum norvagiensium del monaco Thoudricus. Rilevante, tra XIII e XIV secolo, la produzione di ballate epico-liriche, su modello provenienti dalla Francia attraverso Germania e Danimarca.

Intorno al XIII secolo è in Islanda la massima fioritura della tradizione degli scaldi, i poeti epico-encomiastici che operavano presso le corti feudali e che dall'isola emigrarono nelle altre aree scandinave. Nella prima metà del secolo, alla vigilia della dominazione danese, è un periodo di vita culturale eccezionalmente intenso. Nasce la letteratura in prosa, con le saghe, narrazioni che erano fatte risalire a veri fatto storici. In quegli anni è l'attività del massimo erudito islandese antico, Snorri Sturluson.

Dal principato kijeviano, prezioso documento del sostrato popolare che sottende la letteratura erudito-ecclesiastica, manifestandosi per lo più con particolari clausole ritmiche, è la Supplica risalente attorno alla metà del XIII secolo, che un ignoto Daniil detto "Zatocnik" (il prigioniero), rivolge al principe della sua città affinché lo accolga a corte e gli dia una libera occupazione. 
Nel 1240, travolta dai mongoli dell'Orda d'oro, cade Kijev. I prìncipi russi sono ridotti a vassalli. Per la letteratura comincia un periodo di decadenza in cui i vecchi generi ereditati da Bisanzio sopravvivono in forme irrigidite attraverso degli epigoni. La tolleranza religiosa dei tatari (dopo il primo impatto devastante) però , lasciò intatte le basi della cultura slavo-ortodossa e permise il perpetuarsi di una tradizione che conoscerà una nuova fase di sviluppo alla fine del XIV secolo.

Nel XIII secolo inizia un processo di germanizzazione dei popoli baltici, che impedisce l'evolversi delle culture di quei popoli verso una autonoma produzione scritta.

In Serbia la produzione letteraria ha inizio per influsso dell'attività di Cirillo e Metodio; a differenza delle regioni croate, nelle regioni serbe lo slavo ecclesiastico mantenne prerogative di lingua letteraria oltre che liturgica, fino al XVIII secolo. 
Favorita dall'ascesa dello stato serbo, la letteratura ebbe vigoroso sviluppo proprio a partire dal XIII secolo, pervenendo a un alto grado di maturità continuato per due secoli. Essa ebbe i suoi centri nei monasteri, fondati fuori del territorio che sarà nazionale - celeberrimo quello di Hilandar - nei quali gli stessi sovrani si rifugiavano negli ultimi anni di vita. Il modello rimase a lungo la letteratura bizantina, dalla quale si assimilavano con fervore spiriti e forme. Il genere più fortunato fu quello agiografico e biografico, in cui venivano consacrati i regnanti fondatori di monasteri. Iniziatore ne fu Sava (1169\1236) figlio del primo re serbo, da lui celebrato in una pregevole Vita di san Simeone. Sul suo esempio, suo fratello, il re Stefano (1165\1227) scrisse una più ampia biografia del genitore. Alla metà del XIII secolo i monaci Domenziano (1210\1264) e Teodosio (seconda metà del XIII secolo) scrissero una Vita di san Sava.

La cultura ebraica
In Spagna continua la fioritura ebraica. Accanto alla produzione delle scuole filosofiche, si ha una ripresa della mistica con Mosheh de León (c.1240\c.1305), l'autore più probabile de Lo splendore (Sèfer Zohar, Libro dello splendore), che ebbe una grande influenza nella mistica ebraica successiva. Secondo la tradizione, lo "Zohar" fu attribuita a Shim'on bar Jochaj, erudito palestinese del II secolo (+). Sulla base di un'accurata indagine critica storico-religiosa, si ritiene invece che sia stato scritto almeno in gran parte da Mosheh de León. Lo "Zohar" è un midrash omiletico al Pentateuco e ad altre parti della Bibbia. E' scritto in un aramaico artificiale. Comprende 21 trattati, in cui si sviluppano le dottrine caballistiche su dio, i suoi nomi, la cosmologia, la mistica dei numeri e delle lettere dell'alfabeto ecc. La forma usata è spesso quella delle rivelazioni fatte da Shim'on bar Jochaj. Considerato un libro sacro dai caballisti, ebbe un'influenza anche sui "caballisti cristiani" nel XV-XVII secolo.
Figura importante nella mistica è quella di Abraham Abulafia.
Accanto a questi, a fare da sottofondo, il lavoro di tutta una serie di autori minori e minimi, e soprattutto di eruditi, cui si deve un lavoro notevole di accumulo di informazioni e materiali: di cultura. Tra questi eruditi minori è Shem Tob ibn Falaquera, poligrafo, si occupò di poesia di corte, di studi medici, di psicologia (scrisse un "sefer ha-nefesh" cioè un "libro dell'anima"), scrisse un glossario filosofico a introduzione di un florilegio di "Opinioni dei filosofi" (Deot ha-filosofim), una specie di enciclopedia di 600 pagine manoscritte, in ebraico.