martedì 16 dicembre 2008

Il postmoderno e la crisi dell’arte

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Non si tratta di considerare la crisi dell’arte solo come fenomeno negativo, ma di capire che cosa succede nella produzione artistica contemporanea con il postmoderno; cambiano le forme di fare arte, ma anche i meccanismi concettuali che la producono, il suo contenuto. Oggi il postmoderno esalta altre dimensioni espressive, altre attività umane, ad esempio lo sport e lo spettacolo popolare in genere, quali momenti di produzione di un’immagine portatrice di senso. Ma in che modo lo sport o altri eventi di massa possono sostituire l’arte tradizionale? E, più importante ancora, cos’è successo con il postmoderno al concetto di arte e quali sono le conseguenze di comprendere l’arte in tal modo?
Chiunque oggi capisce che l’arte contemporanea ha perso di senso, si smarrisce nella tecnologia, e fa difficoltà ad attirare su di se l’attenzione. Diviene evento casuale in perenne contrasto con il senso che l’uomo tenta di dare alla sua vita, ironizza con esso. Un gioco artistico potrebbe essere quello di immaginarsi in un altro luogo, quindi lo spaesamento, il portarsi ad altro, lontano dal senso della realtà, nella virtualità, diviene oggi arte. Ma la continua ripetizione di cose già viste può acquistare senso? Cioè l’arte tradizionale ha ancora un senso, oppure anch’essa è tratta in quel processo che vede la progressiva perdita di significato di ciò che oggi consideriamo arte.
Di fronte alle stravaganze dell’arte moderna molte persone sono perplesse e, infine, la rifiutano; altre l’accolgono, ma non sanno seguirne i percorsi, ne sono suggestionati pur non comprendendola. La tecnica che si appoggia alla scienza contemporanea ha senz’altro superato l’arte in quanto insieme di procedimenti miranti ad un “fare”[1], ma allora cosa ne è dell’originario significato dell’arte in quanto téchne? Rimane vivo un “artigianato”, un autentico “fare”, nell’arte? Gli eventi tendono ad andare più veloci del pensiero e l’arte si è proposta di superare lo stesso pensiero in velocità, ciò segna l’irrazionalità e l’inquietudine del tempo che stiamo vivendo. Ma il tentativo di togliere i limiti, i paletti non solo del buon senso ma del senso tout court, lascia un residuo: il desiderio inappagato di qualcosa di misterioso, di metafisico. Tuttavia, se l’arte contemporanea non ci piace, possiamo gettare via, con essa, lo specchio del mondo in cui viviamo?
In tale prospettiva, tentare di capire il processo di globalizzazione e perdita di alterità in atto nel mondo contemporaneo forse significa tentare di vederne un importante anticipazione nel postmoderno.
Il postmoderno nell’arte attualmente è descritto dall’artista e filosofo dell’arte dell’università di Lubiana Jozef Muhovič tramite due concetti chiave: sofismo e manierismo.
Sofismo, in quanto l’arte postmoderna è intesa come surrogato del mondo contemporaneo, essendo rappresentazione dell’atto del vivere quotidiano; cioè essa diviene la stessa vita che ci circonda (si tratta di concetti elaborati da Platone nel Gorgia). Sport, cucina e cosmesi, sono le tre facoltà che nel Gorgia Platone ci indica quali “medicine per l’uomo”. Nella visione del filosofo ateniese, lo sport è la migliore, cioè l’attività che ci fa stare meglio. La contemporaneità propone lo sport come surrogato dell’atto che più può soddisfa l’uomo moderno, esso diviene arte nella misura in cui agisce da “convertitore della realtà”.
Manierismo invece vuole esprime il carattere ibrido della cultura contemporanea, nel senso che in essa ogni cosa si trasforma e può essere presa come originale. Dunque siamo circondati da un’infinità di originali in cui uno vale l’altro e l’alterità perde il suo senso originario per appiattirsi sulla univocità di significato del tutto. Un esempio può essere costituito dalla musica contemporanea più popolare, nella quale la creazione consiste nell’assemblare ibridi con pezzi conosciuti e dare nuove combinazioni al vecchio.
I due aspetti complementari del postmoderno individuati da Muhovič sono ben descrivibili tramite il metodo della decostruzione di Jaques Derrida. Si tratta di distruggere, frammentare la realtà per poi ricostruire qualcosa di nuovo e sempre diverso. In tale prospettiva, tutti i cambiamenti dell’arte postmoderna sono soggetti a tre movimenti fondamentali: antefatto al processo, momento costruttivo - critico e vero reale – popolare.
Ma al di là delle teorizzazioni, in concreto oggi che ne è delle arti figurative? Sembra che tutta l’attenzione si sia spostata verso il processo, il quale acquista maggior valore del risultato. L’arte diviene ri-produzione continua del processo di produzione dell’oggetto “opera d’arte”, in cui l’artista stesso ha un ruolo ben definito, e l’opera d’arte in quanto oggetto non ha quasi più valore. Cosa accade alle varie installazioni degli artisti contemporanei quando viene esaurito il tempo di un’esposizione? Probabilmente vengono smantellate senza troppi rimpianti. L’importante è che il pubblico segua il processo. L’artista statunitense Jeckson Pollok vede l’arte come un processo continuo di conoscenza in cui il prodotto finale è meno importante del cammino seguito per ottenerlo. Tale situazione consente all’artista di andare costantemente contro le regole del mercato. Non si tratta più di vendere l’”oggetto” d’arte, sempre meno interessante nella misura in cui è indefinitamente riproducibile dall’artigiano tramite le nuove tecnologie. Ma allora l’artista come vive? Di solito vendendo il processo di creazione dell’arte.
Pensiero critico e pensiero costruttivo secondo gli psicologi cognitivisti moderni sono le due modalità di comprendere le cose. L’arte contemporanea è sempre tesa fra queste due tendenze, oscillante all’interno di tale dicotomia. Il pensiero critico è sempre reazionario a qualcosa, quello costruttivo propone cose nuove rispetto al vecchio, è innovativo, ma si inserisce necessariamente sul già fatto. Entrambi sono necessari all’arte, e l’arte stessa ha sempre contribuito a formare l’uno e l’altro. Oggi però prevale la tendenza a formare l’uomo critico piuttosto che quello costruttivo, poiché il critico è reazionario e quindi ben prevedibile nella sua reazione a qualcosa che può ben essere prevista e appositamente messa in atto, ad esempio secondo i ben noti meccanismi pubblicitari. Il costruttivo invece è poco amato dalle élite, essendo per sua stessa natura imprevedibile. Però, se ci pensiamo bene, storicamente, l’essere creativo è sempre stato il ruolo dell’arte, mentre coloro che reagivano ad essa, i reazionari, erano il pubblico e i mecenati committenti. La grande arte creava scandalo con il nuovo assoluto, ciò che non era subito compreso.
Oggi il postmoderno sorprendentemente ha ribaltato tale prospettiva; l’artista contemporaneo non si propone più di creare forme nuove e sfrutta le realtà più note, cose che tutti conoscono, tanto che nessuno più sembra stupirsi e le stravaganze dell’artista sono solo apparenti. Ma allora dove sta la forma e il valore alternativo dell’arte contemporanea? L’arte è ormai parassita della società globalizzata e ha perso il tradizionale ruolo immaginativo. Non scuote più le élite, anzi le segue e le imita. Viene proposto un tema e gli artisti si configurano e adattano ad esso in modo reazionario e non creativo, divenendo con ciò semplici soggetti di reazione. E’ una situazione patologica, che ha innescato una crisi della creatività dalla quale non sembra possibile uscire. Il postmoderno ha necessità del “popolare”, ma la popolarità ha oggi bisogno dell’arte? O gli bastano i miti sportivi o musicali. E’ con essi che l’artista si trova a competere, ma se si tratta di una contrapposizione esclusiva allora l’arte ha già perso… Se i limiti fra l’arte cosiddetta “alta” e il popolare vengono abbattuti, con essi crolla la differenza fra ciò che si ritiene serio e degno di essere rappresentato e ciò che è puro intrattenimento, spettacolo scontato.
Vengono a crearsi due modi di intendere l’arte e la lotta fra la cultura alta e quella popolare non è qualcosa di puramente estetico, ma coinvolge lo stesso relativismo etico, che è la più importante e definitiva proposta del postmoderno, anche se in esso le istanze etiche sono spesso mascherate da quelle estetiche. Inoltre, forse meno importante del problema etico, ma più insidioso per la risoluzione della crisi in atto è il problema della decidibilità sollevato dalla pluralità di logiche previste dal postmoderno, tutte egualmente valide e in base alle quali (a qualsiasi di esse, in quanto fra loro condizionate) la scelta fra le due arti viene a perdere tutta la sua serietà.
Se vogliamo una scelta autentica fra ciò che è alto nell’arte ed esprime un senso del mistero e mette sempre in questione, stimolando la reazione poiché innovativo, e ciò che è volutamente popolare, reattivo di una reazione prodotta, allora dobbiamo porre l’assoluto che il serio non diventerà mai popolare. Dobbiamo mantenere tale differenza come elemento che arricchisce l’uomo, poiché ne accompagna la scelta consapevole fra momenti alti e meno alti, fra ciò che è serio nella vita e ciò che non ha la pretesa di esserlo e, nemmeno, la volontà di diventarlo.
E. Severino definisce la tecnica un “predisporre mezzi per raggiungere scopi”. Qual è lo scopo dell’arte?
Fabrizio Miani

lunedì 8 dicembre 2008

Dcisioni Giuste e Raggiungere i Propri Obiettivi

> A CURA DI D. PICCHIOTTI

Sincronizzare gli emisferi del cervello per educare la mente a pensare come Einstein. 
Studi e ricerche dimostrano che l'uomo utilizza solo un 5% del suo potenziale di risorse mentali mentre il restante 95% resta inutilizzato. Ognuno di noi possiede però la capacità di pensare come Einstein. L'uomo riceve consapevolmente un massimo di 16 stimoli al secondo mentre il suo inconscio ne riceve fino a 100 miliardi! L’inconscio costituisce, dunque, un inestimabile reservoire di sapere. Sarebbe quindi meraviglioso trovarvi accesso diretto: quanto più chiare sarebbero le nostre problematiche e facili le nostre decisioni!
L’arte di saper decidere per obiettivi giusti. Con una sufficiente dose di impegno, prima o poi, si raggiungono i propri obiettivi. Ma cosa succede quando essi poi non procurano la felicità desiderata? Quasi l’80% delle persone si prospetta obiettivi sbagliati e agisce secondo il motto: provare e sbagliare. Si prova qualche cosa e se non funziona, ci si orienta verso un altro obiettivo: occorre molta costanza e tenacia ed il dispendio energetico risulta enormemente alto. Sarebbe molto più semplice, invece, conoscere anticipatamente l’obiettivo ideale. Nikolaj Tesla, inventore geniale, collaudava motori a livello mentale fino a che funzionavano e poi li realizzava. Con questa modalità, egli giungeva velocemente alla soluzione giusta ed ha brevettato più di 100 nuove invenzioni.
In che modo sfruttare l’intero potenziale di risorse della mente? Ogni uomo racchiude in sé tutto il sapere. Se esiste la possibilità di accedere all’inconscio, è possibile anche richiamare questo sapere alla coscienza. Dopo 10 anni di intensa attività di ricerca, il dott. Minister ha sviluppato il metodo CreativPower®, con cui ogni individuo può richiamare la sua parte inconscia per sfruttare appieno il potenziale di risorse della mente!
Trovare le soluzioni giuste e le decisioni più appropriate. Se allenate il vostro intuito, sarete in grado di prospettare decisioni e verificarne già da subito le conseguenze future evitando così di orientarvi verso direzioni sbagliate. Vi sarà possibile trovare soluzioni in tempi molto più brevi e ideare invenzioni a comando. Prendetevi del tempo per voi stessi ed allontanatevi dalla frenesia quotidiana. Molte buone idee capitano in situazioni di relax: ad es. durante una meditazione, una passeggiata, una doccia, o in mare. Se vi allenate con regolarità potete richiamare a voi l’intuizione in modo mirato. Immaginatevi mentalmente i vostri obiettivi, entrateci ed esperiteli in anticipo, sperimentando ogni variante; nel frattempo prestate attenzione alle vostre emozioni e sensazioni. In questo modo potrete evitare a priori errori inutili e ogni scelta (giusta professione, partner, finanze, salute ecc.) in futuro si rivelerà più facile.
(liberamente tratto da testi vari)

Il suonatore di liuto

A CURA DI D. PICCHIOTTI
Per la filosofia rinascimentale la trasformazione spirituale equivale a un processo di purificazione della mente subconscia, di trasmutazione della mente inconscia e di trasformazione della mente iperconscia in coscienza della Realtà. Ciò richiede l'utilizzzo di una tecnica artistica che si esplicita attraverso due tempi: l'azione e la contemplazione simbolica.
La tecnica alchemica
L’evoluzione spirituale di un individuo è un concreto processo di “trasfigurazione” della materia biologica (istinti), psichica (pulsioni) e mentale (libido) che si compie generalmente attraverso una azione “rituale”, prima “manuale”, poi “artistica” e infine cognitiva. Agendo prima con le “mani” (mudra), poi con il “cuore” (yantra) e infine tramite la “lingua” (mantra), l’alchimista provoca il risveglio dello “Spirito Santo” , metafora di un concreto collegamento funzionale tra i due emisferi cerebrali quando l’attenzione (la mente silente) rimane “sospesa” sui movimenti della mano intenta a lavorare su un oggetto (ad esempio la modellazione di un vaso).
In questo caso il collegamento mano/occhio produce una connessione significativa tra i due emisferi cerebrali che elaborano sinesteticamente i valori della forma e dell’armonia, i valori funzionali e quelli estetici, ecc…
La connessione neurologica stimolata dalla mano/percezione (marte/venere) e indotta dall’attenzione (mercurio) attira lo Spirito Santo (l’ispirazione creativa) trasmesso da una realtà psichica (la mente di Zeus) in grado di comunicare in forme subconscie, inconscie e iperconscie con il mondo degli Dei (gli archetipi).
Il metodo e la prassi
Lo scopo dell’artista è di attirare, attivare e generare lo Spirito Santo utilizzando i talenti corporei (la manualità e la percezione), le abilità mentali (la parola e l’immagine) e le qualità sensoriali (creatività dell’anima e conoscenza sensoriale). Questo triplice processo di compenetrazione delle funzioni cerebrali è definito nel linguaggio alchemico dall’unione di “Marte e Venere” (l’ermafrodito), di “Mercurio e Venere” (l’androgino) e di “Venere con Vulcano” (il Rebis). L’unione è veramente possibile quando l’artigiano, l’artista e il ricercatore si “autosospendono” dal carattere personale, dall’individualità e dall’identità sociale e culturale e sviluppano le doti peculiari del “Livello mentale” (attenzione, concentrazione e focalizzazione) dove possono accadere i fenomeni dell’immaginazione creativa (l’arcangelo Gabriele), dell’ispirazione creativa e cognitiva (la colomba bianca) e dell’intuizione cognitiva e spirituale (le fiammelle della Pentecoste).
Il livello mentale
Come dice Lama Govinda, “il livello mentale non può essere raggiunto attraverso la creazione di convinzioni, ideali o scopi basati sul ragionamento, ma solo attraverso la penetrazione consapevole di quegli strati della nostra mente che non possono essere influenzati dall’argomentazione logica (i tuoni di Zeus) e dal pensiero discorsivo (i fulmini di Zeus). Tale penetrazione e trasformazione è possibile solo grazie alla forza irresistibile della visione profonda, le cui immagini primordiali o “archetipi” sono i principi formativi della nostra mente: come semi tali immagini affondano nel terreno del nostro subconscio, per far germogliare, crescere e sviluppare le loro potenzialità.” (Fondamenti del misticismo tibetano)
Di simili immagini primordiali Jung dice:
“Esistono tanti archetipi quante sono le tipiche situazioni della vita. L’infinita ripetizione ha scolpito tali esperienze nella nostra struttura psichica, non come immagini riempite di contenuto, ma, inizialmente, solo come forme prive di contenuto, le quali rappresentano semplicemente delle possibilità di percezione e di azione. Quando si verifica una situazione che corrisponde ad un dato archetipo, quell’archetipo viene attivato….”(Jung, La struttura della psiche).
L’aurea Apprehensio (o corpo mentale)
Le vicende umane e creative degli artisti rinascimentali si intrecciano senza sosta
perché era sufficiente l’incontro con un maestro, un cardinale, un frate, un mistico o la semplice contemplazione dell’opera di un contemporaneo ad innescare (per sincronicità) l’attivazione di un archetipo “dormiente” negli strati profondi della psiche.
Il fenomeno era ben conosciuto e dibattuto in ambito mistico, poiché si discorreva tra gli eruditi delle congregazioni ecclesiastiche quale fosse il temperamento spirituale più adatto a ricevere l’impronta di Cristo.
Il suonatore di liuto
Caravaggio porta il ragionamento sul piano dell’esplorazione artistica dell’archetipo. Nel 1596 , due anni dopo aver realizzato il fanciullo/ermafrodito, l’artista dipinge il suonatore di liuto/androgino, emblema di uno stadio evoluto di sintesi creativa tra “parola e musica”, “poesia e immagine”, “filosofia e concerto di significati”. La fonte di ispirazione sono sempre le emozioni del cuore (il vaso di fiori), ma anche la consapevolezza di essere finalmente in grado di evolvere negli strati profondi della mente in forme sempre più sottili, logiche e translogiche (le due pere in primo piano illuminate dalla luce).
L’androgino segna la seconda tappa evolutiva dell’identità alchemica, emblema della congiunzione cerebrale degli opposti, del maschio (emisfero sinistro) e della femmina (emisfero destro). In uno stato di completa concentrazione l’artista/musico inizia a interpretare lo “spartito del Sè”, metafora di una disposizione creativa di simboli, metafore e allegorie che descrivono l’eterno gioco della coscienza universale (l’inconscio collettivo).
L’energia evolutiva
Alla luce delle scoperte di Jung è possibile comprendere una delle verità del tantrismo: “Nel cervello umano non solo gli istinti primari (la parte anteriore del corpo)
sono preformati, così come le immagini primordiali che da sempre sono alla base del pensiero umano (Jung), ma esiste un Istinto evolutivo (l’energia kundalini attiva nella parte posteriore del corpo) preformata al concepimento in grado non solo di portare a compimento il programma biologico definito dalla struttura genetica del DNA, ma anche di illuminare il cervello (Spirito Santo/Kundalini Shakti) ogni qualvolta la libido dell’ego (la parte anteriore) cede il posto alla libido dell’anima (la parte posteriore) di conoscere la verità attraverso i talenti corporei, le abilità mentali e le qualità creative e cognitive dell’anima.
Ecco allora che la congiunzione alchemica dei due emisferi cortocircuita l’egoicità e innesca il fenomeno dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione creativa e cognitiva in grado di tradurre la disposizione ordinata degli archetipi in emblemi in grado di descrivere il processo di trasformazione della materia.
Un artista (anche un blogger) diventa androgino quando è in grado di comunicare il proprio percorso artistico/spirituale secondo regole che vengono recepite dall’osservatore e dal critico in forma subconscia, segno che l’opera (o il blog) “parla ” all’anima e soddisfa (almeno parzialmente) il suo inesauribile desiderio di amore, verità e bellezza.
(liberamente tratto da testi vari)

martedì 2 dicembre 2008

L'ILLUMINISMO 
(in sintesi)

A CURA DI D. PICCHIOTTI
 
Per Illuminismo s'intende quel vasto movimento culturale, sviluppatosi nel '700, che predica l'assoluta fiducia nella ragione, in grado di illuminare le menti, contro le superstizioni e i pregiudizi delle religioni, della tradizione e di tutti quegli elementi sociali e culturali che limitano la libertà dell'uomo.
Dunque dal terreno fertile del Rinascimento e dell'Umanesimo nasce una nuova filosofia e un nuovo modo di accostarsi al mondo destinato a cambiare radicalmente i destini della civiltà occidentale.
Originario dell'Inghilterra, l'Illuminismo si diffonde e trova pieno sviluppo in Francia, dove nascono e divulgano le proprie teorie Voltaire e Rousseau, i due massimi esponenti della filosofia illuminista; quindi i vari Condillac, Montesqieu (definitivo teorizzatore della divisione dei poteri), Quesney (precursore della scienza economica) e gli enciclpedisti Diderot e D'Alambert (e molti altri).
Le principali caratteristiche dell'illuminismo si possono così riassumere:
1. Il razionalismo progressista, per cui la cultura non è più difesa della tradizione ma ricerca permanente di un progresso che serva a liberare l'uomo dai limiti dell'ignoranza grazie all'aiuto della regione illuminante;
2. Il cosmopolitismo, per cui il bisogno di libertà diventa universale e rende l'uomo cittadino del mondo, ovvero soggetto alle medesime istanze di giustizia e di libertà in ogni luogo, senza distinzione di razza, sesso, religione e classe sociale.

Il nuovo protagonista della storia è quindi il borghese, né nobile né ecclesiastico, semplice cittadino del mondo: commerciante, artigiano, ma anche letterato e uomo di Stato;
3. La divulgazione del sapere, ovvero il bisogno di rendere noti a tutti i progressi delle scienze e della cultura, per cui il sapere non è riservato come privilegio ad un'elitè chiusa ma è strumento di miglioramento per tutti gli uomini (si ricordi il monumentale progetto dell'Encyclopédie e la conseguente attenzione per le arti e per i mestieri produttivi che porterà progressivamente allo sviluppo dell'industria moderna);
4. L'antistoricismo. L'avversione per le religioni e in particolare per la religione cattolica, portò gli illuministi a revisionare la storia e a considerare il medioevo come periodo oscuro, epoca di soprusi e di ingiustizie, in cui la ragione era rimasta ottenebrata e l'uomo privato del bene supremo della libertà di pensiero.
Questa critica portò gli storici illuministi a contrapporre la realtà dei fatti a ciò che sarebbe dovuto essere secondo ragione, escludendo così l'analisi delle cause interne e delle necessità di azione proprie dei diversi periodi storici;
5. Il Deismo, ovvero la teorizzazione di una religiosità raggiungibile mediante l'esclusivo uso della ragione e della coscienza morale, escludendo così l'adesione a qualsiasi tradizione religiosa;
6. Il materialismo, nella misura in cui si impone il bisogno di indagare e giustificare la realtà nei termini del solo approccio al mondo materiale: nella lotta contro ogni forma di religione e superstizione alcuni andarono oltre il deismo e predicarono un atteggiamento esclusivamente meccanicistico.
La materia e suoi movimenti dovevano quindi bastare a spiegare ogni aspetto dell'esistenza, comprese le attività spirituali (si veda il materialismo di Hobbes).
Il materialismo risente pesantemente dell'entusiasmo attorno alle attività della fisica di Galileo e di Newton, in grado di estrapolare leggi universali dalle osservazioni sperimentali;
7. La fondazione della scienza economica. L'illuminismo vede la nascita della scienza economica, ovvero lo studio organizzato delle leggi che regolano l'economia su grande scala.
Francois Quesney (1694-1774) definisce le categorie economiche del tempo distinguendo tra agricoltura, industria e commercio: egli sostiene che solo l'agricoltura (classe produttiva) e in grado di produrre realmente ricchezza materiale, mentre industria e commercio (definite classi sterili) sarebbero solamente in grado di trasformare la materia prima.
La sua dottrina prende il nome di fisiocrazia (=dominio della terra, della natura), in quanto presuppone che il prodotto economico realmente valido sia la sola materia prima agricola e non il lavoro.
L'inglese Adam Smith (1723-1790) fu invece il grande teorizzatore del liberismo.
Egli va aldilà della fisiocrazia e teorizza il lavoro e la divisione del lavoro come fonti di vera ricchezza, in aggiunta a quella agricola (di secondaria importanza).
Per Smith il capitalismo è il migliore dei sistemi economici possibili, in quanto in grado di autoregolarsi e trovare un equilibrio attraverso il gioco della domanda e dell'offerta, per ottenere tale equilibrio occorre però che lo Stato non intervenga direttamente in campo economico ma si limiti tutt'al più a rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza.

8. La discussione politica. Naturalmente l'illuminismo vide molto accesa la discussione politica attorno ai temi della struttura statale ideale.
In proposito si distinsero particolarmente Charles-Louise de Montesquieu e Jean-Jacque Rousseau.
Montesquieu (1689-1755) vede il dispotismo come degenerazione del sistema politico, introduce il concetto che anche ambiente geografico e clima influenzino l'assetto giuridico di una nazione e teorizza definitivamente la divisione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario (si veda anche Locke).
Rousseau (1712-1778) insiste invece sul fatto che ogni progresso dell'uomo non è altro che una forma di degenerazione di una primitiva e perfetta natura selvaggia, priva di ogni abiezione e immoralità ma portatrice di una genuina vitalità.

La forma sociale migliore è il contratto sociale tra uomini che rinunciano tutti alla propria libertà individuale, vista come tendenza all'egoismo, in nome di una volontà generale giusta e al di sopra degli interessi individuali.
  L'illuminismo porterà quindi alla Rivoluzione industriale e ispirerà direttamente la Rivoluzione francese, incidendo profondamente sulla realtà del tempo e dando alla società occidentale una direzione filosofica nuova, fondata sul rispetto dei diritti civili universali, che persiste ancora oggi, pur tra mille difficoltà.
  (liberamente tratto da testi vari)

lunedì 1 dicembre 2008

La storia dell'arte: dal Neoclassicismo a oggi.

A CURA DI D. PICCHIOTTI

Caratteri generali sul novecento
Mai come nel Novecento (1900) la cultura artistica ha conosciuto una tale velocità di evoluzione. Nel corso di questo secolo le novità e le sperimentazioni artistiche si sono susseguite con ritmo talmente incalzante da fornire un quadro molto disomogeneo in cui è difficile la organizzazione del tutto in pochi schemi interpretativi.
Decine e decine di movimenti e di stili si sono succeduti, esaurendo la loro presenza in qualche decennio, ma anche nel giro di pochi anni. La storiografia di questo secolo, nella maggior parte dei casi, è un elenco di tanti movimenti e protagonisti apparsi alla ribalta della scena artistica. Ciò, tuttavia, fornisce scarsi riferimenti di catalogazione critica. Un diverso approccio all’interpretazione artistica del Novecento può ottenersi ricorrendo a categorie dell'ambito culturale più generali. In particolare, con riferimento agli inizi del Novecento, le categorie critiche più agevoli sono soprattutto tre:
1. la comunicazione
2. la psicologia
3. il relativismo.
La comunicazione
La comunicazione è quell'atto mediante il quale si ottiene una trasmissione di informazioni da un soggetto (emittente) a un altro soggetto (ricevente). Il mezzo di trasmissione della comunicazione è il linguaggio. Perchè vi sia comunicazione, condizione essenziale è che il linguaggio possa essere conosciuto da entrambi i soggetti: emittente e ricevente, cioè devono essere sintonizzati.
Nell’ambito dell’arte molti possono essere i linguaggi utilizzabili: dalle parole (poesia) alle immagini (pittura), dai suoni (musica) ai movimenti del corpo (danza) e così via. Alcuni linguaggi posseggono una universalità, quali la musica, che possono in genere essere compresi da tutti. Altri linguaggi richiedono una conoscenza specifica: per poter leggere una poesia bisogna conoscere la lingua in cui è stata scritta. Le immagini possono essere considerate un linguaggio anch’esso universale, purché esse rimangano nell’ambito della rappresentazione naturalistica.
Ricordiamo che definiamo «naturalistiche» quelle immagini che propongono una rappresentazione della realtà simile a quella che i nostri occhi propongono al cervello. Le immagini naturalistiche rispettano i meccanismi fondamentali della visione umana: la prospettiva, il senso della tridimensionalità, la colorazione tonale data dalla luce e così via. Il naturalismo è sempre rappresentazione della realtà in quanto ne segue le leggi fondamentali di strutturazione.
La gran parte dell’arte occidentale ha sempre utilizzato il naturalismo per la rappresentazione artistica. Ciò ha permesso all’arte figurativa di essere un mezzo di comunicazione più popolare e diffuso piuttosto che la scrittura. Nel corso dell’Ottocento, la nascita prima della fotografia e poi della cinematografia, ha permesso la riproduzione della realtà con strumenti tecnici pressoché perfetti. Ciò ha decisamente tolto alla pittura uno dei suoi scopi ritenuti specifici: quello di riprodurre in immagini la realtà. Ciò può apparire negativo, ma di fatto ha imposto alla pittura una diversa impostazione del suo fare. Abbandonato il terreno della rappresentazione, del naturalismo, l’arte figurativa ha cominciato a esplorare i vasti e inediti territori della comunicazione.
In sostanza, l’arte moderna non ha più interesse a «rappresentare» la realtà. L’arte moderna usa le forme per «comunicare» pensieri, idee, emozioni, ricordi e quanto altro può risultare significativo. Pertanto, nell’approccio all’arte moderna, non bisogna mai porsi l’interrogativo, guardando un'opera d'arte, di cosa essa rappresenti, ma cosa essa comunichi. Tuttavia, la comunicazione richiede sempre un linguaggio che deve essere noto sia all’artista sia al fruitore dell’opera. Il naturalismo è un linguaggio universale in quanto rispetta le regole universali della visione umana. L'arte moderna, abbandonando il naturalismo, di fatto abbandona il linguaggio comunicativo più diffuso e popolare: per questo è costretta, ogni volta, a inventarsi un nuovo linguaggio, col rischio che i linguaggi nuovi non siano sempre assimilati e compresi. Ciò può produrre l'incomprensibilità del messaggio che l'artista voleva trasmettere e un singolare paradosso: l’arte moderna vuole solo comunicare, ma per far ciò sceglie spesso la strada della incomunicabilità. Comunque impone, prima di capire il messaggio, la necessità di studiare il nuovo linguaggio utilizzato dall'artista. Ciò comporta che l’arte moderna necessita di un approccio qualificato. Solo studiando da vicino le problematiche connesse ai movimenti e ai singoli artisti è possibile comprendere il significato di un'opera d'arte.
La psicanalisi
La nascita della psicanalisi, grazie a Sigmund Freud, ha rivoluzionato il concetto dell'interiorità umana: prima l'articolazione della psiche era posta sul dualismo ragione-sentimento, ora è spostata sul dualismo coscienza-inconscio.
L’inconscio è quella parte della nostra psiche in cui sono collocati pensieri e emozioni nascoste, le quali, senza che l’individuo se ne renda conto, interagiscono con la sua coscienza orientando o influenzando le sue preferenze, motivazioni e scelte esistenziali. L’aver individuato questo nuovo territorio dell’animo umano ha aperto notevoli possibilità all’arte moderna.
Il linguaggio delle parole, essendo un linguaggio logico, consente la comunicazione più immediata e diretta con la coscienza delle persone, ove di fatto ha sede la razionalità umana. Il linguaggio delle immagini, data la sua natura di linguaggio analogico, si presta meglio per esplorare, o comunicare, con l’inconscio delle persone. Alcuni movimenti artistici sono nati proprio con l’intenzione di tradurre in immagini ciò che ha sede nell’inconscio. Tra tutti, chi ha scelto con maggior impegno questa strada è stato soprattutto il Surrealismo.
Tale interesse ha alimentato anche la poetica di altri movimenti avanguardistici dell’inizio secolo, quali l’Espressionismo e l’Astrattismo. Tuttavia, è costante in tutti i movimenti del Novecento, la finalità di una «comunicazione totale», cioè veicolata verso i territori più profondi e recessi della psiche umana.

Il relativismo
Nel corso del Novecento si assiste ad una sempre maggiore frantumazione delle epistemologie forti. Cadono le certezze, sia nella religione, sia nella scienza, sia nella politica e nella filosofia.
L’uomo si sente sempre più immerso in un mondo incerto, dove tutto è relativo. A questa conclusione sembra giungere anche la scienza che, con la Teoria della Relatività di Einstein, porta a riconsiderare tutto l’impianto di certezze fisse su cui era costruito l’edificio della fisica. A analoghe posizioni giungono gli scrittori, quali Luigi Pirandello, che con le sue opere letterarie e teatrali vuole dimostrare come la verità sia solo un «punto di vista» che varia da persona a persona.
In campo filosofico la comparsa dell’esistenzialismo contribuisce a ridefinire la realtà solo in rapporto al singolo individuo. Questo nuovo clima culturale non poteva non incidere sul panorama artistico.
Mancata meno la certezza d'una verità assoluta, ogni sperimentazione sembra muoversi nel campo di una preventiva ricerca di sé. Nasce l’esigenza di manifestare preventivamente le proprie intenzioni per dare le coordinate entro cui collocare la nuova esperienza estetica; ne è la riprova il fatto che quasi tutti i movimenti avanguardistici dei primi anni del secolo nascono con dichiarazioni programmatiche, quali i manifesti, che servono proprio a questo scopo.
In seguito, la ulteriore frammentazione della ricerca artistica, rimette in gioco anche la partecipazione del fruitore dell’opera d’arte, al quale si chiede una partecipazione attiva alla significazione del fare artistico. In questo caso, l’arte, più che dare delle risposte, propone delle domande, lasciando il senso di quanto proposto alla libera, a volte diversa, interpretazione del pubblico e dei critici. La necessità di un rapporto così problematico all’arte contribuisce in modo, a volte decisivo, a rendere l’arte moderna sempre meno popolare e sempre più élitaria.
I numerosi movimenti artistici sorti all’inizio del Novecento sono stati tutti caratterizzati da una volontà di rottura con il passato. Questa forte carica di rinnovamento li ha di fatto posti in prima linea nell’ambito delle nuove ricerche artistiche. Ciò ha determinato l’appellativo, dato a questi movimenti, di «avanguardie». Tutto il Novecento, in realtà, è stato caratterizzato da un clima di sperimentazione continua, ma, per delimitare i primi movimenti di rinnovamento, v'è la convenzione di definirli «avanguardie storiche».
Lo spazio temporale di questo fenomeno coincide con gli anni a cavallo della prima guerra mondiale. Le prime avanguardie sorgono intorno al 1905, con l’Espressionismo; le ultime agli inizi degli anni ’20, con il Surrealismo (1924). Parigi, nel corso del XIX secolo, si era affermata come la capitale europea in campo artistico.
Il fenomeno delle avanguardie storiche interessa invece tutta l’Europa, anche se Parigi continua a conservare un ruolo determinante nel campo artistico. Le prime due avanguardie sorsero infatti nella capitale francese. Nel 1905, si costituì il gruppo dei Fauves, che rappresenta il primo movimento di ispirazione espressionistica. Nello stesso anno l’Espressionismo si diffuse soprattutto in Germania e nei paesi nordici. Nel 1907, grazie a Picasso e Braque, sempre a Parigi sorse il movimento del Cubismo. Anche il Futurismo, che è un’avanguardia decisamente italiana, partì da Parigi. Qui, infatti, sul quotidiano Le Figaro, Filippo Tommaso Marinetti pubblicò nel 1909 il «Manifesto del Futurismo». Il Cubismo e il Futurismo produssero influenze notevoli in Russia dove in quegli anni sorsero movimenti quali il Cubofuturismo, il Suprematismo e il Costruttivismo.
Anche la seconda avanguardia italiana di quegli anni, la Metafisica, in embrione nacque a Parigi, dove Giorgio De Chirico, il massimo rappresentante del movimento, svolse parte della sua attività giovanile. Una cesura notevole nello sviluppo delle avanguardie fu determinato dallo scoppio, nel 1914, della prima guerra mondiale. Numerosi artisti furono costretti a partire per il fronte bellico e molti di essi morirono in guerra.
A Zurigo, nella neutrale Svizzera, dove si rifugiarono numerosi artisti e intellettuali, nacque nel 1916 il movimento di maggior rottura tra le avanguardie storiche: il Dadaismo. Dal Dadaismo e dalla Metafisica, nel 1924, nacque quella che viene considerata l’ultima delle avanguardie storiche: il Surrealismo. Anche qui, il centro di maggior irradiamento del nuovo movimento fu soprattutto Parigi e la Francia. Infine, pur se non può essere considerato un movimento omogeneo e compatto, le avanguardie storiche produssero il fenomeno di maggior novità nell’arte del Novecento: l’Astrattismo. L’abbandono definitivo della mimesi naturalistica avvenne intorno al 1910, grazie soprattutto a un artista di origine russa, operante in Germania: Wassilj Kandinskij. La sua formazione artistica è di matrice espressionistica, tanto che l’Astrattismo, nella sua fase iniziale, può essere considerato un estremo limite dell’Espressionismo.
In seguito, l’Astrattismo conobbe sviluppi notevolissimi, divenendo, soprattutto nel secondo dopoguerra, terreno fertile per numerose sperimentazioni, che attraverso l’arte Informale e l’arte Concettuale, arrivano fino ai giorni nostri.
Il fenomeno delle avanguardie si spense intorno agli anni ’30. La foga rinnovatrice aveva momentaneamente esaurito la sua carica rivoluzionaria. A questo momento di pausa artistica corrispose, in quegli anni, l’affermazione in campo politico di regimi totalitari e reazionari: il fascismo in Italia e il nazismo in Germania, che si fecero fautori di un indirizzo artistico di stampo tradizionalistico e accademico. Avversarono apertamente i nuovi stili artistici, arrivando in Germania a definirli «arte degenerata», eliminandola dai musei e dalle collezioni statali. Molti esponenti artistici, che avevano operato in Germania, furono costretti a emigrare negli Stati Uniti dove trasferirono molte delle novità culturali prodotte in Europa. Un fenomeno analogo accadde in Russia dove, sotto Stalin, si affermò un indirizzo artistico, definito «realismo socialista», che rifiutava la sperimentazione in favore di un’arte di matrice popolare con forti contenuti ideologici. Le avanguardie storiche avevano oramai totalmente modificato il concetto di arte visiva. In pochi anni avevano accumulato un patrimonio enorme di idee e di concetti che diventarono la vera eredità per tutti i futuri movimenti che si sono sviluppati in campo artistico fino ai giorni nostri.
(liberamente tratto da testi vari)